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Fia — 182 — Fed

dai colori nazionali, che si alza all’albero maestro delle navi da guerra.

Fiappo: floscio, cascante: voce dei dialetti dell’alta Italia, fiap. Pare di origine tedesca.

Fiasco: (V. Far fiasco) risponde in forma familiare e talora con intenzione di scherno alla parola riprovata, insuccesso.

Fiat justìtia, pereat mundus: si faccia la giustizia anche se il mondo abbia a perire: motto di concisione latina e di senso austeramente biblico: è attribuito all’Imperatore Ferdinando I (1559-1564). NB. Se è per questo stia ognuno certo che il mondo non perirà!

Fiat lux: sia fatta la luce! «Disse il Signore: sia fatta la luce. E la luce fu fatta». Genesi, cap. I, 3.

Fibròma: tumore formato soltanto dal tessuto fibroso.

Fìbula: voce latina (fìbula., contrazione di figìbula, da figo = figgere, inchiodare) usata in più elevato linguaggio, specie della archeologia, in vece di fibbia, fermaglio.

Ficcanaso: voce familiare, spesso usata in forza di sostantivo; e dicesi di chi vuol ingerirsi, inframmettersi nelle faccende altrui e che non lo riguardano.

Ficelle: fr. cordicella, e avendo in mente i fili che sostengono i burattini (marionnettes), ficelle, al plurale, è voce spesso usata per indicare il meccanismo, il ripiego non più segreto, anzi troppo palese per imperizia artistica, per cui avviene una data azione e il suo scioglimento: il che in arte è grave difetto. Ficelles = les procédès epuisés et les conventions classiques nel gergo degli scrittori, così il diz. de la Langue Verte di Alfredo Delvan.

Fiche de consolation: fiche è il gettone o piastra di avorio che si usa nel giuoco delle carte e tien le veci del danaro. Fiche de consolation dicono i francesi con locuzione familiare (e noi ripetiamo) per indicare risarcimento, compenso a qualche danno sofferto: dédommagement d’une perte, adoucissement à quelque disgrâce.

Ficher: ficcare, e nel linguaggio familiare francese se ficher de quelq’un = beffarsi, ridersi, gabbarsi. In questo senso il verbo francese è talora usato presso di noi. Es. «quando io ho mangiato e bevuto, je m’en fiche». Il popolo nostro dice in tal caso, me ne infischio, me ne frego. Ma questi e diversi altri modi nostri sembrano alla gente elegante soverchiamente rozzi e plebei, laddove il modo francese - caso già osservato - sembra contenere alcun mondano decoro.

Fichi secchi: cose di poco valore, senza succo, senza fibra nè umore. Voce talora usata nel gergo dei letterati parlando di opere, poesie, etc. a cui manca la scintilla geniale, creatrice.

Fichu: scialletto di forma triangolare, di velo, di trine, di merletto che posa su le spalle e si incrocia largo sul petto; di moda, originariamente, nel sec. XVIII. (Fichu à la Marie Antoinette) e in uso tuttora. Scialletto o Punta col nome della stoffa di cui esso è fatto, sono le voci più usate italianamente in luogo del fichu francese. «Fichu è un derivato da ficher, gettare a dosso negligentemente? È probabile» così lo Scheler.

Fidarsi: nel dialetto napoletano questo verbo, specialmente nella locuzione non mi fido, acquista tutta una gradazione di significati: non ho voglia, non ho genio, non mi arrischio, non ardisco, non ho cuore, non me la sento, non sono da tanto, ho soggezione, non ci riesco, sto poco bene, son fiacco, mi sento male, non posso.

Fidibus: nel gergo francese vuol dire allumette de papier, pezzetti di carta per accendere, e tale voce non ci è ignota. La spiegazione che è data da G. Delesalle (Dictionnaire Argot-Français, Parigi, Ollendorff) è la seguente: «De fidelibus, nom que l’on donnait aux étudiants allemands, ceux-ci allumant leurs pipes avec ces tubes de papier, formés le plus souvent des feuillets où étaient les discours à eux adressés par le professeurs».

Fido: s. m. credito commerciale.

Fidus Achates: con tal nome Vergilio nell’Eneide chiama il fido compagno di Enea, Acato (Fidus quae tela gerebat Achates, lib. I, 188). Spesso così si dice in tuono satirico per indicare il compagno inseparabile di alcuno.