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gradazione amplissima, secondo l’indole dello scrittore: sorriso melanconico, impercettibile, caustico, beffardo, diabolico. Il pessimismo sta di solito corno substrato di questo riso, ed è naturale: la miserabile contraddizione umana non è componibile in modo alcuno. Questa aristocratica disposizione dello spirito fu coltivata come forma d’arte specialmente dagli inglesi, dei quali la letteratura ben risente di tale spirituale tendenza. La letteratura tedesca ha pure umoristi ammirevoli e profondi. I francesi sono piuttosto arguti, lepidi, che umoristi. In Italia tracce di umorismo possiamo trovare finissime presso alcuni latini, in parecchi trecentisti, in Dante, e umorista vero è l’Ariosto (il più semplice — infatti — tra i pomposi umanisti del suo secolo, semplice pur nella vita privata). Senonchè amore della veritò vuole poi che si dica come il popolo italiano tenda specialmente a gustare i generi letterari ampollosi, artifiziosi, retorici, fucati, alieni cioè dalla semplicità che è la condizione prima, il substrato, per così esprimermi, dell’umorismo. Di ciò molte prove si potrebbe addurre di cui qui non è il caso ragionare, basti l’accennare al fatto che I Promessi Sposi sono più specialmente popolari ed in onore per la loro sapienza evangelica e bellezza morale che per il loro sottile umorismo; e un altro libro, ricco di vero umorismo, è mal noto al publico grosso: Le confessioni di un ottuagenario del Nievo. Il Leopardi ed il Carducci non sono certamente assai conosciuti per il loro umorismo. Da umore presso di noi si formò l’aggettivo umoristico a cui il popolo diede un senso che proprio non ha nulla a che vedore con l’umore. Dicesi volgarmente giornale umoristico., poesia umoristica etc., dove si contiene alcuna facezia, libera e grossolana, spesso sconcia: proprio il contrario del vero e proprio umorismo. La qual cosa, volendo esser sottili critici, può dimostrare appunto che il nostro popolo italiano non intende l’humour: non ne ha la voce e, avutala, la torce ad altro senso (se pure a tale significato popolare non influì il nostro, umore, bell’umore, buon umore; ma non mi pare). Quando volle ridere, creò un genere suo proprio, nazionale, cioè il burlesco (bernesco). Fra gli scrittori, godettero di vera popolarità in Italia quelli che, per temperamento ampolloso erano del tutto alieni dall’umorismo, ad es. il Marino nel seicento, e, ai dì nostri, il D’Annunzio.

Humus: in latino significa terra, la parte cioè più fertile della terra, formata di materia organica che ricopre il suolo ed è assai acconcia alla vegetazione; e più chiaramente humus designa presso gli agricoltori la parte organica della terra e la distingue dalla parte minerale. La parola humus è anche in francese e in tedesco.

Hunter: ingl. cane da caccia.

Hunting-bag: inglese carniere, e così hunting-coat = abito da caccia; hunting-match = partita di caccia; hunting-horse = cavallo da caccia, etc. Voci dello Sport.

Hurrah: è propriamente il grido di guerra dei cosacchi, dallo slavo gu-raj = al paradiso., detto secondo la fede che, morendo per la patria e per Cesare, si apra il cielo. In tedesco hurrah, in ingl. hurrah, in francese hourra! La nostra parola bella e gentile Evviva! vi risponde solo in parte, e hurrah è assai usato nella nostra lingua ove si scrive un po’ come pare, sempre per quel benedetto amore di libertà, e non solo è usato come grido di guerra ma anche dove domina la pace e l’amore. Così, ad esempio, il resoconto di un simposio artistico termina: «Il poeta con la sua limpida parola ha tessuto un vero inno alla giovinezza che col suo impeto conquista di colpo le alte cime dell’arte, così dure e faticose per chi dall’esperienza ha appreso le difficoltà della via. Mentre S*** muto e commosso abbraccia bacia G***, scoppiano gli applausi, e tutti in piedi gl’intervenuti gridano un triplico hurrah!» Ciò è ridicolo!