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Plaqué: V. Doublé.
Plaquette: voce fr., di gergo, abusivamente usata per opuscolo (petite brochure).
Plastron: ingl. e fr., dal basso lat. plastrum, it. piastra: dicesi nel linguaggio della moda di quella forma di cravatta a nodo fatto che ricopre lo sparato della camicia e si usa specie d’inverno. Dicesi anche degli abiti muliebri.
Platea: nel senso di piano delle fondamenta ove posano le fabbriche è voce classica che il Petrocchi si affretta, come suo costume, a collocare fuori dell’uso. Il fatto è che è invece dell’uso. Certo quest’uso deve essere ai nostri tecnici provenuto dall’imitazione del fr. platée. Sarebbe ad ogni modo non nuovo caso di belle parole nostre, richiamate in vita per effetto casuale della somiglianza tra le due lingue neo-latine.
Plateau: «un plateau d’argento, un bel plateau in regalo», dicesi nel ceto mondano. La voce nostra è vassoio, o piatto, o guantiera, o coppa.
Platitude: termine francese usato nel linguaggio aristocratico per indicare ce qui est plat dans les sentiments, cioè volgarità, semplicità, sciattezza. V. Piatto.
Platonico: come attributo di voto, desiderio, vale lieve, parvente, privo di ogni sforzo e intenzione di raggiungere la realtà. Senso esteso di platonico = ideale.
Plaudite, cives! lat., applaudite, o cittadini: clausola dell’antica commedia latina. Dicesi estensivamente, spesso per ironia.
Plètora: voce medica, dal gr. [testo greco] = abbondanza di umori e di sangue. Nel senso traslato e figurato è neologismo: probabilmente dal francese.
Pliant: in fr. vale che è agevole a piegarsi; qui est aisé à plier. Siège pliant o sostantivamente pliant., è chiamato quello sgabello formato di due telai incrociati o fissi per lo mezzo con una vite e tesi ad una estremità da un rettangoletto di tela su cui si siede: in uso in villa, al mare, su le tolde de’ bastimenti. Trespolo, capretta, iccase, brandina; ma prevale il francese pliant.
Plinto: lat. plinthus gr. [testo greco] = mattone: il piano inferiore dello colonne, de’ pilastri: dado, zoccolo di forma quadra: fr. plinthe.
Plissé: parlando di stoffe dicesi talvolta così francesemente in vece di pieghettato o increspato. V. Manteau.
Plongeur: nome francese derivato dal verbo plonger, immergere. Il pescatore di perle o di corallo che si tuffa e dura sott’acqua è plongeur; e così dicesi l’acrobata che salta a capo fitto dall’alto, su di una rete. L’italiano ha tuffarsi e attuffarsi; attuffatore lo si trova in qualche lessico, ma certo non è dell’uso.
Plotone: (V. Pelottone) è una parte della compagnia, comandata da un subalterno.
Plum-cake: nomo inglese di dolce: letteralmente focaccia di prugne (plum, lat. prunum, col cangiamento dell’r in l).
Plumeau: voce francese: «pennacchio per ispolverare».
Plum pudding: letteralmente bodino di prugne, classico dolce inglese, specialmente in onore per le agapi di Natale. È una specie di bodino cotto a bagno-maria con molte sorti di uva passa. Le prugne danno il nome al dolce, ma non c’entrano.
Plump: voce tedesca che vuol dire goffo; sembra rendere col suono un po’ della pesantezza e della mancanza di disinvoltura, teutonica.
Plus ça change, plus c’est la même chose: tale motto felice e amabilmente assurdo riconosce per padre Alfonso Karr, e per essere più nel vero, vuol essere preceduto da due paroline: en politique. Cfr. A. Karr, En fumant, Paris, Levy, 1861 pag. 54.
Plus valore: è il mehr Werth di Carlo Marx, da’ francesi tradotto in plus-valeur e in Italia divenuto plus-valore, avvertendo che quel plus non è voce latina ma francese: almeno così è probabile. La parola è difficile a spiegare. Secondo Carlo Marx anche il lavoro è una merce che nella e per l’umana società deve essere scambiata con altra merce di ugual valore. Ora il capitale comperando il lavoro, lo ricompensa in modo sproporzionato, cioè inferiore, giacchè obbliga il lavoratore a lavorare un tempo superiore a quello che gli è necessario per produrre la sua forza