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derà per l’appunto al francese appel (lat. appellare = chiamare) ma è così dell’uso, vi si annette un tal senso di forza che altrimenti la frase perderebbe il suo valore. La usa anche il Carducci nel Ça Ira:

          ivi scendo de l’ultimo Templare
          su l’ultimo Capeto oggi l’appello.


E allora le frasi: fare appello, appellarsi nel senso giudiziario di ricorrere ad un tribunale superiore? Non saran belle, ma pur conviene accettarle.


Appendicìte: termine medico che significa la malattia del lungo e stretto fondo chiuso appendicolare unito alla porzione declive dell’intestino tenue.

Appoggiare: nel senso di aiutare, favorire, proteggere è riprovato da alcuni puristi perchè ricorda l’uso francese di appuyer fíg. = protèger. Il Rigutini lo difende. Meno buone invece gli sembrano le locuzioni appoggiare una proposta, un ordine del giorno. Appoggiare una domanda è serio serio l’appuyer une domande de’ francesi. Così il Rigutini difende appoggio per favore, protezione; riprova la locuzione in appoggio per in prova, a sostegno, in conferma. Certo sono modi che hanno sapore burocratico un miglio lontano.

Appoggio: nel senso figurato di favore, protezione. V. Appoggiare.

Apprentissage: voce francese usatissima fra noi, specie per indicare l’apprendere un mestiere o un’arte tecnica o commerciale: in italiano, tirocinio.

Appretto: (fr. apprèt) la colla o apparecchio che si da ai tessuti perchè abbiano bellezza e consistenza. Voce usata nel linguaggio dei tessitori.

Appropriazione indebita: così nel linguaggio dei legali è chiamato l’atto di chi appropria a sè indebitamente cosa altrui che gli è stata affidata por determinato uso. Forma eufemistica per dire furto, con l’attenuante dell’occasione la quale, come si sa, fa l’uomo ladro.

Approssimativamente: avverbio di otto sillabe, di uso recente tratto da approssimativo. Lo registra la Crusca. Notevole cosa è l’osservare come certe voci, ancorchè buone per la loro origine siano poco usate dai nostri scrittori per non so quale intuito del bello. In circa, A un bel circa, A un dipresso.

Après nous le dèluge: dopo di noi il diluvio. Famoso motto di Luigi XV di Francia, che preludia e presente il marasma sociale e politico che originò la rivoluzione del 1789. Si usa anche da noi ripetere questo motto in francese. Da altri il motto è riferito alla marchesa di Pompadour per conforto a quel re dopo la battaglia di Rossbach.

A priori: termine filosofico latino che vuol dire da ciò che vien prima, e si dice comunemente di verità, idee, giudizi etc., i quali provengono da principi generali, e sono attinti più dalla ragione pura od astratta o da un prestabilito idealo che dalle verità, realtà, esperienza.

Apriorismo: chiaman così l’abitudine filosofica di giudicare a priori, cioè senza la conoscenza dei fatti, senza esperienza. V. A priori.

Aprioristico: agg. da A priori. V. questa parola.

Aprire: verbo usato nelle locuzioni come aprire la campagna elettorale, bacologica etc.: aprire la seduta: è neologismo.

À quelque chose maliieur est bon: modo di dire tutt’altro che infrequente, e ci fu una signora fornita di quella mondana coltura che oggi è comune, la quale mi domandò trionfante: «E in italiano come direbbe?» Semplicemente «Non tutto il male vien per nuocere». E allora ella pure ne convenne, come convenne nel fatto che l’abbandono costituisce la ruggine e la morte per le parole anche più belle ed acconce.

A quoi bon?: detto talora invece di molte locuzioni italiane: a che vale? e poi? da farne? come dicono i bolognesi. In latino cui bonum?

Arak o arrak: liquore forte, fatto col riso oppure col succo di cocco o di dattero.

À ramage: a fogliami, detto francesemente delle stoffe, dipinte a rame e a fiori, come oggi è gran moda.

Aràre: term. mar., lo strisciare dell’ancora sul fondo del mare quando non vi