Pagina:Panzini - Il libro dei morti, 1893.djvu/11

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vinto dall’amore de le cose terrene ed è dilaniato quando le perde. —

Ma G. Giacomo non aveva letto, io credo, nè Sant’Agostino, nè Lattanzio, nè Tommaso da Kempis; d’altra parte ebbe rallegrata la vita da molto sole e da molta bontà e da molto amore, così che mai non provò il bisogno di confortare lo spirito in quelle sottili letture.

Ora, quand’egli era in vita, passando presso il cimitero, diceva tra se molto piamente: — Anche questo povero corpo deve riposare bene qui! —

Il cimitero era tutto quadrato da un muricciuolo su l’alto d’un colle e davanti si apriva una valle grande; ed il mare, non molto lontano saliva ne la conca de la valle alto ed azzurro.

Aggrondati, immoti erano i cipressi che si scagliavano al cielo con le punte nere. Ma, fuori, recingendo il muricciuolo, salivano i pioppi snelli ed aerei; e dentro erano viali di mortella, cespi di crisantemi e di rosette selvagge e nidi di rondini molte che garrivano nei lunghi e silenziosi meriggi, sui pioppi, sui cipressi e su le pietre funerarie. Ci si doveva pure stare bene lì in cimitero!