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Quel morente sole d’autunno rinfrangeva i vividi raggi su le guglie, su le cupole, su le grandi vetrine e chiamava a passeggiare una folla compatta di gentiluomini e di dame. Andavano lentamente come chi adempie a solenne funzione de la vita.

L’acciottolato scintillava sotto la zampa di cavalli frementi, guidati da cocchieri gravi ed eccelsi. Seguivano carrozze sospese a grandi cinghie, lucide di argenti e di raso; e fuori sporgevano mani di microscopica finezza, volti di donna, pallidi come perla, con occhi grandi, capelli, o fulvi come bronzo o neri come ala di corvo. E innanzi a lui e ai fianchi e dietro fluiva un’interminabile fiumana di gente elegante: uomini con pastrani di fogge peregrine, cappelli a tuba, baffi irti, cravatte e goletti smisurati: framezzo donne che vibravano da tutta la persona profumi ebbri di sensualità.

Vestivano tutte press’a poco ad una maniera in quella loro abituale manifestazione de la moda trionfante: abiti da passeggio corretti, piedi esili, calzati ne le scarpine di capretto lucido, la caviglia