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petto che si squarciava ne gli ultimi sforzi del respiro.

Il lume gettava la sua luce immota, e il tempo era segnato dal fungo del lucignolo che cresceva e sbiadiva la luce.

L’uomo si era seduto lì accanto e stava muto e pensoso; la donna sempre in ginocchio dall’altra parte del letto.

Passò molto tempo, rotto ogni tanto dal suono allegro del vicino orologio, che batteva i quarti d’ora, che fuggivano l’uno dopo l’altro in fretta.

Ad un tratto la giovane donna si levò come di scatto e pareva più alta e più pallida che non fosse. L’occhio era spaventosamente aperto e i muscoli del volto contratti.

Fissò prima la madre che era ricaduta sui guanciali, ferma, rigida, poi il medico e domandò con voce indefinibile di terrore e di dolore: — È morta? —

— In questo momento, figliuola. Oramai è il mattino. —

Allora ella levò le braccia disperata e poi le posò sui guanciali e si buttò faccia a faccia contro