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tiche parole magiche, accompagnano quelli che entrano nella vita e quelli che ne partono.

Ora un giorno avvenne che Beatus era uscito per la campagna, e, riguardando Assisi, questa gli parve come una antica nave trionfale: il tempio di San Francesco, con quegli sproni sul monte, pareva il castello di prora e sull’alto gli parea di vedere San Francesco, come un vessillo umano, che cantava: «Laudato sii tu, mio Signore».

Ma ritornando poi all’albergo, e passando lungo le mura del detto tempio, gli venne veduta una scritta concepita e tracciata così: W. L’Enin.

Come era suo costume, anche qui Beatus si soffermò.

Non c’era dubbio: l’autore, anonimo come un poeta dell’epos, voleva significare, Viva Lenin!

«Come è plastico questo popolo d’Italia! — fu il primo pensiero di Beatus. — Era stato lui, il popolo d’Italia, ad abbattere il Sacro Romano Impero dell’Austria, che pure aveva