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bitume, e ciò significava indelebilità. E v’era in quei caratteri alcun che di stravolto, e ciò significava terrore.

La scritta pareva domandare a Beatus: «Vile borghese, non ti faccio io paura?»

«Se ti fa piacere, sì!»

«Vile borghese — pareva ancora domandare la scritta — non sono bello io?»

«Se ti fa piacere, sì.»

«Sai tu che ti posso fare del male?»

«Tutto mi può fare del male.»

«Mi dispregi tu forse?»

«Tutt’altro! Anzi meritevole di grande considerazione.»

Di chi era quel nome: Lenin?

Di un uomo emerso dalla storia. La guerra era stata la sua levatrice. Dai solchi sanguinosi degli odi umani egli era nato.

Come aveva fatto quel nome dalla lontana Sarmazia ad arrivare sino alla città solitaria e santa?

Eppure era arrivato!

Beatus riguardò ancora il tempio, tripartito a tre piani come i regni d’oltretomba,