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donne, vestite di raso bianco, sotto campane di vetro; e davanti alle statue, lucevano globi opachi di lumi a petrolio. Pareva il culto degli antichi Lari. Donne sedevano di fuori, su i limitari.

Una donna, accoccolata, al riverbero di un lume rosso, apriva quei molluschi, che a Venezia sono detti peoci; lì, cozze. In una pentola erano immerse fette di qualcosa simile al pane. La donna toglieva con le mani quel pane e disse a Beatus:

Vulite ’a zupp ’e vòngole?

Ma poi da certo fruscìo di cose bianche, Beatus si accorse che quelle tenebre erano abitate più che non credesse; lì si esercitava il meretricio, e anche questo su la via. Come le blatte nel letto dell’albergo, così uscivano nella notte le meretrici.

Due di esse lo videro, e calarono dall’alto del vico su di lui. Erano giovanette, ma parlavano con suoni così inarticolati e gutturali, che Beatus nulla capì.

Lui parlò a loro, e quelle risposero con gesti e con grida che lui quasi ne ebbe paura.

Chi avesse veduto Beatus in tale colloquio,