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sono venuti quelli del Governo: hanno dato ordine di sospendere la demolizione, e da due mesi ci lavora qui un pittore che con un suo cortellino scrosta, scrosta.

— Si può vedere?

— Venga, signore, se vuol vedere.

L’immensa abside era tutt’un affresco del Trecento, un’infinità di teste estatiche che venivano apparendo sotto l’intonaco. Un’infinita dolcezza, un’infinita armonia, un infinito desiderio di staccarsi dalla vita alitava dai volti di quei viventi attaccati sul muro. V’era un affresco che figurava una compagnia di giovani che sollevavano una giovanetta morta e beata nella morte. Tutti i volti erano beati nella meravigliosa attesa del gran secolo.

Prima di perdere il suo onesto giudizio, quella pittura sarebbe sembrata a Beatus almeno puerile. Il ragionamento della scienza che la vita vissuta con perfetta scienza può essere prolungata sino oltre i cento anni, prima lo persuadeva. Ma ora questo surrogato scientifico dell’eternità pareva a Beatus ben miserabile, e desiderava anch’egli ciò che non muore.

«Pare un canto del Purgatorio di Dante,» pensò Beatus.