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rei vedere titanici, terribili. Lo so: faranno assai bene il loro dovere, come hanno fatto in Libia, ma li vorrei vedere più terribili. Mi viene alla mente il mio tenentino dei bersaglieri, a Milano. Ha un battere di ciglia impressionante. Ha poche idee, lucide: «Battersi!» Dove? come? quando? Non sa: ma battersi. Era mio scolaro: marinava spesso la scuola. Ora è bersagliere.

— È buono — gli domandai un giorno — con i suoi soldati?

Minga tant! Quando mi vedono, cercano di nascondersi.

Durante lo sciopero del giugno, l’ho visto fulmineo, coi suoi bersaglieri, bloccare una via. La teppa gli gridava: «Tenentino, te cognossi! Se ti troviamo solo, ti mettiamo le busecchie al sole». Sorrideva co’ bei denti aguzzi, ripetendomi questa minaccia. Si rodeva le unghie, ma non per dispetto o per vendetta. Ma perchè, «Veda, — diceva — in Germania, quando passa un reggimento, un reparto di truppa per la città, tutto si ferma: passa l’esercito! Qui, a Milano, siamo pregati di fare il giro dei vergognosi per le vie di circonvallazione. Non si deve disturbare il commercio col militarismo». Gli battevano le ciglia. Caro ragazzo!

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Incontro in via Rizzoli, il capitano X***, mio co-