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— Affatto, — e spiego come è andata la cosa.

— Quel Cioccolani! — dice l’avvocato — Sa come lo chiamano in paese? Theobroma, bevanda degli Dei. Io rideva l’altra sera, ma mia moglie era furibonda: “Quell’imboscato! e quella matta in casa mia!„ Le donne, sa bene, bisogna lasciarle dire. Certo se l’equilibrio mentale della contessa Ghiselda fosse pari alla bellezza, ella sarebbe una creatura perfetta: ma forse non avrebbe il fascino che ha. Io non mi vergogno di dirle, che, molte volte, quando la incontro, mi domanda a che cosa serve il nostro codice.

Mi congratulo con l’avvocato. Anche lui, alla sua età, ha il culto della bellezza.

— E tanto più — dice lui — che, poverina, ella è vittima di se stessa. La nobiltà della razza c’è sempre in fondo a tutte le sue stravaganze.

— Oh, si vede il tipo aristocratico! Guardi il naso. E quel Cioccolani è così ricco per darsi il lusso di fare il poeta?

— Suo padre, come già le dissi, è un modesto proprietario, che ha la disgrazia di aver quel figliuolo. Il vecchio dice che gliel’hanno cambiato a balia; ma intanto bisogna che se lo sopporti. Ma sciagurato! Se vuoi fare della poesia, va nei campi di tuo padre. No, lui cerca la poesia a Roma, a Milano, a Parigi, come fanno le mo-