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Ma non era solo. Oretta era in piedi davanti a lui.
E papà? e mamà? Nessuno! Nessuno, fuor che cane Leone, addormentato.
Fin qui nulla di eccezionalmente grave; ma io avevo la percezione che stava per succedere qualche cosa di grave; perciò, quasi senza volerlo, mi trovai giù nel fosso e guardavo attraverso la siepe quello che stava succedendo sotto la pergola.
La scena era muta ma si capiva lo stesso. Gli occhi di Melai erano imbambolati nella contemplazione di Oretta; ed io sentivo che i miei occhi diventavano feroci.
Ad un tratto la manina di Oretta si mosse, prese dalla scatola, che era sul tavolino di vimini, un cioccolatino: lo spogliò dolcemente, allungò la manina. La bocca di Melai era anche essa imbambolata. Buttò via la sigaretta, e la signorina gli insinuò il cioccolatino nella bocca. E seguitò.
“Ma che confidenze son queste? Ma questo è un male ereditario! Ma quella scatola è la mia scatola, quei cioccolatini sono i miei cioccolatini!„.
Melai teneva ora chiusi gli occhi come alla prima comunione.