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— Come s’è fatto cattivo! Ma parliamone, anzi. Sarà, m’imagino, ma non importa, senza un quattrino come tutti i nobili del vostro paese.

— Volete far l’affare anche col matrimonio? Danaro e danaro, voi volete. Brillanti e brillanti! Solo un soffitto del palazzo di donna Ghiselda vale come tutta questa vostra chincaglieria. Bramante autentico. E non vi dico altro.

Per far pace con Maioli, dò ordine di portare una bottiglia di champagne. — Dunque dicevamo: stato decente di conservazione matrimoniale. E sarebbe capace di fare un erede?

— Due, se ne volete.

— E adesso diciamo un’altra cosa: è grassa o è magra? alta o bassa? bruna o bionda?

— Sono cose — dice Maioli — che bisogna vedere; non si possono descrivere. Vi dirò una cosa sola: come questo champagne. Che cosa è questo vostro eccellente champagne? Raggio di sole imprigionato. Ma il turacciolo balza, ed ecco il sole. Povera, cara fanciulla!

Maioli teneva davanti agli occhi la coppa dello champagne; e due lagrime gli cadevano giù per le belle guancine.

— Si calmi, conte. Mi dica almeno se è sana.

— Sana? Come un arciero giovanetto del Cinquecento.