Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/158

Da Wikisource.
80 sotto la madonnina del duomo

bandonati dai genitori, non mancano di chi li accolga, nutra ed allevi.

Certo, un filosofo idealista o brontolone potrebbe preferire che le madri non attendessero ad altro lavoro che la casa e non avessero il seno esausto; che i genitori non abbandonassero i loro nati alla via, che non ci fossero affamati di pane; che i padri potessero dar loro ai figliuoli la colazione e che, invece di stili floreali, ogni abitazione avesse lo spazio, l’aria e la luce per abitarvi pudicamente e secondo le savie leggi d’Igea. Ma santa ragione! A tirar troppo, la corda si schianta. Se il pater familias (poniamo) si trovasse proprio bene a casa sua, frequenterebbe meno l’osteria. Ciò è evidente. Ma in questo caso gli interessi dei mercanti di vino sarebbero danneggiati; e se tutti vivessero secondo l’igiene, i fabbricatori di tonici, di corroboranti, di prodotti adatti a debellare l’anemia, la scrofola, la nevrosi dovrebbero chiedere il fallimento. Non è cosi?

Insomma a pretendere troppo, a volere essere troppo filosofi e perfetti, si rischia di sentirsi chiuder la bocca da una risposta consimile a quella che il conte Attilio diede a quell’impenitente idealista che fu Padre Cristoforo: risposta che sembra stolta, ed è savissima per il fatto che gli uomini la deridono, ma agiscono invece in conformità di essa.

Al banchetto di Don Rodrigo sorse gran disputa su questo argomento, se fosse lecito ad un cavaliere bastonare il portatore di un cartello di sfida. Padre Cristoforo, costretto a dir la sua, espose il parere che non ci fossero nè sfide, nè portatori, nè bastonate. Al che il conte Attilio rispose: «Ma, Padre Cristoforo, padron mio colendissimo, con queste sue massime lei mi vorrebbe mandare il mondo sottosopra».

E così dicasi a chiunque troppo pretende dall’umana natura.