Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/171

Da Wikisource.

sotto la madonnina del duomo 93


Passò un anno ed è il giugno. Oh, gli ultimi anni della vita devono pur essere allegri e chi può, gode, viva dio! Don Ambrogino si è persuaso che luglio, agosto e settembre non sono i mesi più belli e salubri in Milano, e quel suo nipote che sta a Menaggio gli ha detto che se vuol venire a far campagna, una stanza a sua disposizione ce l’ha, e per mangiare si accozzerà il pentolino.

Ambrogino ha accettato.

Chi lo vede adesso sul lago con un berretto alla russa, ben rasato e i baffi grigi tirati su le gote piene e rubizze, lo può scambiare per un maggiore in ritiro o per un gentiluomo straniero, e invece è semplicemente Ambrogino: il quale se ne sta in un battelletto alla frescura attendendo senza impazienza che qualche luccio o trota onori l’amo della sua lenza.

Ottobre. Don Ambrogino, se la va innanzi così, rischia di riuscire una persona qualificata. Le sue buone qualità sono state apprezzate sul lago di Como più che a Milano: uomo indipendente, gentile con tutti, con un passato che è una garanzia d’ordine, con certe idee moderne che gli fanno molto onore; insomma, l’ho a dire? gli è stato proposto se voleva accettare d’essere consigliere comunale.

Naturalmente avea rifiutato, ma in un certo modo che si capiva bene che non avrebbe detto di no ad una seconda preghiera. Però quell’offerta gli avea cagionato una gran gioia. Il Governo lo aveva liquidato senza dargli nè meno uno straccio di croce. Il suo paese invece riparava ai torti e faceva quel conto che si doveva dei suoi meriti.