Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/211

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di un povero diavolo 133

pesci avevano deposto ogni lisca, ogni spina, ogni crosta, e si tuffavano golosamente in un bagno di crema biancastra, acidula, soavissima.

Il cuoco che aveva saputo comporre la pace tra animali di così diversa natura, che aveva fuso insieme il regno animale e vegetale in quella piramide, rivelava senso così fine che, nel suo ceto dei cuochi, doveva appartenere agli esteti senza dubbio.

A dispetto della signora di Nera-fonte — la chiamerò così perchè il nome non me lo ricordai nè anche dopo la presentazione — che ne prese pochissimo, io mi servii abbondantemente.

Mangiando in silenzio come i frati, c’era con quel piatto da godersela per mezz’ora: invece mi accorgeva con dolore che quasi tutti avevano finito. Sfido io, mandan giù la roba come i bracchi, senza toccare i denti! E poi hanno bisogno dell’acqua di Nera-fonte!

I denti il buon Dio ce li ha dati non soltanto per mostrarli al prossimo, ma anche per facilitare il lavoro di quel «tristo», ma infelice sacco che deve macinare tutto il giorno per il di più che gli date di lavoro. Esso dai sotterranei dell’officina umana, vi reclama un po’ di riposo, e voi; giù acqua di Nera-fonte. Esso è pazientissimo e validissimo operaio: ma qualche volta si stanca anche lui del superlavoro e si mette in isciopero, e il suo sciopero porta lo sciopero di altri operai minori, come sarebbe il fegato, l’intestino, ecc., i quali formano delle leghe di resistenza terribili. Allora voi ricorrete agli alberelli dei farmacisti, che nel regno sociale sarebbero come i signori agenti di pubblica sicurezza: ma tanto negli scioperi comuni come in quelli dello stomaco, con questi mezzi violenti il risultato è miserevole e il meglio che si possa ottenere è quel bel colore di avorio antico che aveva il mio vicino di destra.

Mangiate adagio che Dio vi dia bene: avete le com-