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148 la seconda disillusione

sono rovinata di stomaco, esausta, ho perduto l’appetito!»

Lui. Sì, è vero, povera mamma! tu in questo sei molto infelice: ma io mi aggiustò sempre; tre o quattro beefsteak e, alla più disperata, une salade di fagiolini, patate, cetriuoli.

Lei.... sta zitto che sei schizzinoso anche tu la tua parte. Tuo fratello, quello sì che si accontenta facilmente!

Lui. Oh! mio fratello mangerebbe le selci in salsa di pomidoro.

Tacquero finalmente; il treno sorvolava nella calura e la signorina si passava dei fazzoletti sul volto da cui gocciava un sudore come di sofferenza.

Il giovane invece risplendeva lieto in quella ebrietà di luce e di calore. Guardandolo, veniva in mente una figura di giovin templaro, eretto, chiuso nell’arnese rabescato d’acciaio, e cavalcante di bel mezzogiorno pei deserti riarsi di Soria come se nulla fosse, e pur ciò si legge nei romanzi del signor Walter Scott.

La signora ricominciò poco dopo a querelarsi dicendo: «Figlio mio, ho una fame atroce, non ne posso più, mi sento venir meno: ho una sete che brucio; mi vuoi far morire, figlio mio?»

Il signore si scusò di non aver nulla da offrire, se non delle pasticche di menta. La signora smaniava tuttavia e il figliuolo si affacciava da uno sportello all’altro in cerca di terra e diceva: «Olà, non c’è un buffet? un restaurant dove mangiare? Disgraziato paese, dove anche per viaggiare bisogna subire il domicilio coatto in coupé: non vagoni restaurant, non carrozze comunicanti! Oh, povera mamma, abbi pazienza: a Bologna mangerai! confortati!»