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Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/248

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170 i cinque pulcini


— E voi non mangiate, galantuomo? — chiese un vecchio dalla faccia forte, e scolpita audacemente dal mare.

— Io ho la mia cena qui in tasca.

E levò fuori un pezzo di carne incartocciata, delle uova sode e il sale.

— Le vostre tasche sono un’ambulanza — disse un altro.

— Come si fa? Quando si viaggia coi bambini, bisogna andare provvisti di tutto: vogliono mangiare, vogliono bere ogni momento, e a comperar tutto, in viaggio, ci vorrebbe una borsa lunga sino alle calcagna.

— Fate viaggio lungo, si vede.

— In America!

— Con tutta la carovana?

— Con tutta la carovana. A casa non ci è rimasto che il gatto perchè non ha voluto andar via da un vicino: quanti sono, son tutti qui.

— E la moglie non l’avete?

— La moglie, cara gente, è un altro par di maniche.

— Come il solito: vi ha piantato....

— Mai più! E una storia lunga, ma ve la racconto in due parole: Il padre di lei, che era sempre stato contrario al nostro matrimonio, dieci anni fa andò in America a lavorare: era uno stravagante, ma svelto negli affari e bravo per la campagna.

«Sposata che io ebbi la figliuola, lui era rimasto solo: con noi non viveva d’accordo ed è andato via come v’ho detto, e chi s’è visto s’è visto.

«Soltanto l’anno scorso si sono avute sue notizie. Stava male — diceva in una lettera — e voleva la figlia con sè. Vedete: se non avesse mandato quei cento scudi, che sempre siano maledetti, mia moglie non sarebbe partita: capirete lasciare cinque bambini....