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178 i cinque pulcini


E allora come in visione di sogno da quella stanza si elevò una vocina modulata a pena nelle parole infantili, la quale disse:

Dolce cuor del mio Gesù
Fa ch’io t’ami sempre più.

— Ma basta dir le orazioni, le abbiamo già dette, le abbiamo — disse con voce di sonno il più grandicello al più piccino.

Ma il più piccino era già nel paese delle fate, e se ne sentiva il regolare respiro.

Disse l’altro, grandicello: — Babbo, hai sentito? Di là dicono le preghiere uguali a quelle che diciamo noi.

E l’uomo, già assorto ne’ suoi pensieri, si era riscosso a quei richiami dei suoi figliuoli, i quali nel sonno avevano inteso quello che egli desto non aveva inteso.

— Cos’avete adesso? — domandò.

— Di là dicono le preghiere che diciamo noi, to’, senti.... — rispose il secondo figliuolo.

E la preghiera misteriosa continuava.

Allora l’uomo destò la fiamma spenta dei suoi sensi ed udì distinta una voce ineffabilmente nota al suo cuore, la quale con placido accento insegnava:

— Gesù mio, Madonnina mia, vi raccomando il mio papà e i miei fratellini.

E insieme con questa voce sicura, si accompagnava, parola a parola, la voce balbettante.

E allora la porta fu urtata con violenza che quasi fu infranta.

Di là rispose un grido di terrore.

Ma un nome ripetuto forte, una domanda suprema —