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divagazioni in bicicletta 193

selvaggio ed aspro monte della Vernia che fu consacrato poi dall’eroica follia del suo martirio, come in dolce stile di monastica semplicità è narrato nei Fioretti che dal santo hanno nome.

Io non voglio proprio affermare che il poverello d’Assisi, il serafico santo nostro Francesco, avesse un ingegno molto positivo — sempre secondo i criteri moderni — in quella sua ostinazione a volere sposare Donna Povertà a dispetto di ogni esempio della vita e di ogni buon consiglio del padre suo; e perciò vivere miserabile e mendico, ramingando scalzo, a pena coperto di rozzissimo saio tanto l’estate come l’inverno. Tutto ciò è ben impratico, a dir poco, tanto più se si pensa che egli avrebbe potuto andare in paradiso lo stesso, conservando la sua ricchezza come fanno tanti che pure sono destinati alla gloria del cielo, almeno secondo ogni ragionevole presunzione. Andare in paradiso in carrozza è uno dei migliori affari che si possano stipulare in questa vita e nell’altra. S. Francesco invece anelò di andarvi a piedi e scalzo, e come ciò non bastasse, camminando proprio dove la strada aveva più rovi e spine ed ortiche. E non basta: anche certi ragionamenti speculativi e morali tenuti di verno in mezzo alla neve e con un vento di bora che dovea farsi sentir assai bene sotto la tonacella, dimostrano che il Santo era originale più del bisogno. E se frate Leone, che gli era compagno, non gli disse: «Orsù, padre, affrettiamoci prima a Santa Maria degli Angioli: quivi ragioneremo dell’Umiltà finchè vi talenta: ma poniamoci al coperto, se no in breve morremo di gelo!», se questo non gli disse, fu solo per il grande rispetto che avea per lui: ma è presumibile che lo pensasse, tanto è vero che alle interminabili tirate del Santo rispondeva a pena poche parole, come a sottintendere: «Padre, per carità, qui si congela!»

Nè sarà necessario ricorrere agli studi in proposito