Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/301

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divagazioni in bicicletta 223


Anche qui come a Ravenna, come nel palazzo Estense di Ferrara le devastazioni superano il credibile ed il possibile. Gli arazzi che coprivano le pareti di quelle stanze — tanto grandi che nello spessore delle finestre vi sono doppi sedili di marmo — furono portati via; il resto imbiancato, rovinato, abbattuto per creare stanze di uffici e prigioni. Di tutta la preziosa suppellettile non rimane che la memoria. Le porte fra stanza e stanza, massicce, di noce intarsiata che è un incanto, forti da resistere al cannone, furono anch’esse imbiancate: i fregi raffaelleschi, le stelle, gli architravi di marmo finamente lavorato a basso rilievo, sono corrosi dalle intemperie che vi entrano da tutti i finestroni aperti: una teoria deliziosa di putti di marmo su fondo azzurro, adornante il più belìo dei camini di quelle sale fu «privata delle sue punte» per non offendere i pudichi occhi di non so quale legato pontificio. Non ricordo altro, ma andate e farete una lista più lunga della mia.

Per il mio temperamento, qui come a Ravenna, meglio e più igienico correre in bicicletta e interrogare, più tosto che gli uomini e le loro opere, il mare ed i campi; come è detto al principio di queste pagine.