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Cirillino e Cirillina 175

mile a Venere, — dissi io, — a consolare Achille. Lei non conosce queste cose?

— Il professore non ce le ha ancora spiegate.

— Non ammetto queste risposte. Prosègua nella sua versione.

Egli prosegue, suda, sfoglia il Georges.

Io guardo frattanto la campagna.

Sono oramai le undici.

Sotto la sferza del luglio si stende il campo dello strame. Il piccolo bifolco, di nome Biagino, nel campo scintillante al sole, si muove con la falce. Il piccolo bifolco è dal mattino che falcia. Le esili braccia muòvono la pesante falce paterna: il babbo non c’è: è alla guerra. Nel silènzio, un canto di cicala, e lo strìdere a ritmo delle stòppie faticose, recise ad ogni passar della falce.

*

— Finito, — dice Cirillino, sollevàndosi.

— Finito? Vediamo. Badi che lei ha impiegato un’ora e mezzo a tradurre una favoletta che al massimo domanda trenta minuti

Afferro il lapis.

Le croci azzurre cadono su le pagine della versione latina. Cirillino pare quasi più mera-