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— Che tristezza, — diceva Fedone, — pensare che tu, Socrate, la devi quasi fermare per il petto la gente perchè ti stia ad ascoltare; e quello lì, invece, basta che arrivi in Atene perchè tutti mettano da parte i loro affari per andare alle sue conferenze. Eppure tu dici le cose come veramente sono. Come sono spregevoli e vani questi Ateniesi!

— No, — disse Apollodoro ancor più tristamente. — È che il popolo ateniese è un popolo gaio. La bellezza, l’illusione, la gioia, ecco quello che il popolo ateniese sente: qui tutti sono d’accordo. Ma tu sei melanconico senza fine, Socrate.

— Ma se, amici miei, — disse Socrate, — voi stessi mi chiamate Sileno il buono, l’allegro giullare!

— No, Socrate! Triste è la tua ani-