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La cena dell’amore 143

gligenza essa fruttifica, il dente dell’invidia non la morde; i figli non ti augurano di andar presto a ritrovare Caronte. Anch’io sono libero, o Callia, io con la mia povertà!

(Queste cose si potevano dire allora quasi sul serio, per tante ragioni per le quali la povertà non aveva l’odore così cadaverico che ha oggi).

Un giovanetto non ancora segnato nel volto di alcuna lanugine, inghirlandata la breve fronte di rose come un nume, fissando Callia con ferme pupille, parlò così per terzo e come devotamente: — Io mi glorio e mi esalto della mia, oh fuggitiva bellezza! la quale mi concede di essere caro a te, o Callia, o unico, o solo mio bene!

(E anche ciò poteva a quei tempi esser detto, se è permessa la contraddi-