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il trionfo del marito di clodio 27

giato in un divano del retrobottega, i gemiti andavan cessando: l’infermo si assopiva lentamente.

— Adesso pensiamo un poco a noi, caro amico, — mi disse il dottore — giacchè anche voi sembrate uscito da una fogna.

Mi guardai le vesti inorridito.

— Eh, mio caro — diss’egli filosoficamente — la carità messa in pratica sul serio non è tra le virtù più profumate!

Il farmacista, ridendo, lasciò scorrere molta acqua in alcune bacinelle; ci fornì alcuni suoi abiti per ricambio e intanto noi, con gran spreco di sapone e di spazzola, ci venivamo rimettendo all’onore della luce e dell’olfatto.

— Bisognerà fare un bucato a posta — diceva il farmacista, un allegro e gagliardo ragazzone, mentre raccattava, toccandoli a pena, gli abiti del marchese e li buttava in un canto.

— Per me — diceva il dottore — sono incerti del mestiere, ma per l’amico mio è un’avventura del tutto inaspettata; almeno dal suo bell’abito di panama candido. Del resto, siccome lui fa professione di essere buon cattolico, e c’è un articolo nel codice dei dieci comandamenti che prescrive di aiutare gli infermi, così può mettere la sua fatica nella partita di credito verso il buon Dio. Accumulate, amico, e fate fruttare il capitale al banco di S. Pietro.

— To’, ma questo cos’è? — fece all’improvviso il farmacista.