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Pagina:Paolina Leopardi Lettere.djvu/110

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Fermo lo avete avuto delizioso, mi pare che non sia stato lo stesso di quest’ultimo: le avventure che mi racconti non sono deliziose certo. Quanto avrei avuto piacere che il vetturino vi avesse ribaltato (giacchè doveva farlo) vicino a qualcuna delle nostre possessioni, e vi avesse costretto a rifugiarvi presso quaiche nostro contadino. Oh allora sì che diveniva sacra per me quella casa, ed i contadini persone invidiate! Ma dimmi un poco, Nina mia, sei passata per Recanati?... anzi, se ci sei passata non me lo dire, per carità io ne fremerei.

Tu non vuoi ammettere le mie opinioni sul ritrattista— pazienza — ma perchè non dirmi una parola del Contino Emidio? Ah, Nina, tu sei furba assai, e fai tutto il racconto del secondogenito (che mi ha divertito assai), e di te non dici nulla, nulla affatto. E che credi che io non debba e non voglia sapere ancora i fatti tuoi? E dovrò aspettare che me li dica tua sorella quando potresti bene raccontarmi tutto sinceramente tu che hai più tempo di essa? Dunque io starò aspettando, e frattanto mi rallegro con la mia amica, che il suo amore questa volta è stato approvato da sua sorella.

Ma mi pare che questa sorella sia troppo capricciosa ed insolentella, perchè si arroga il diritto di approvare gli amori della sua sorella maggiore, dei quali questa è la prima volta che parla con rispetto. Oh Marianna mia, tu sei troppo buona: io vorrei che tenessi un poco più in soggezione quel cervellino di Nina che pretende di regolare i tuoi affetti, e non vuole che si parli punto dei suoi.