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Pagina:Paolina Leopardi Lettere.djvu/290

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per me tutto è finito, io morirò colla corona di bianco spino in capo, invece del giglio come usa tra noi. Ora quest’uso è troppo antico e io voglio il bianco spino, come emblema della estrema mia predilezione per la primavera, pel caro mese di maggio in cui vediamo fiorite le siepi. Io credo di averti già altre volte raccontata la storia dei miei mariti, anzi di quelli che non son divenuti tali, o per dir meglio la storia di me che non son divenuta più moglie, sicchè non starò a ridirterla, come cosa noiosa per te e per me d’irritabile pensiero. Non parlar dunque più dell’idea o della speranza di vedermi moglie di un modenese o di un bolognese, ma odora piuttosto l’essenza del bianco spino e ricordati allora della tua amica che morirà prima di aver provato un istante di vera gioia al mondo. Domanda a Brighenti che legge le Gazzette quanti anni aveva quel Giuseppe Len, stato ucciso nel suo letto a Lucerna poco fa, e quando esso te lo avrà detto, sappi ch’egli era mio coetaneo, vedi dove sono andata a cercare i coetanei.

Volevo dire una parola a Nina, e si è fatto tardi; poi, come ho da sperare che risponda a me quando non risponde nemmeno agli amanti suoi? Oh cattiva, cattiva! Ti ringrazio dell’offerta del Gussalli, ma io l’ho avuto in dono da Viani, e leggerò presto, chè adesso sono ingolfata nella lettura dell’Hebreau errant, e sai bene, che quando si pon mano a tali libri, si vorrebbe leggerli tutti d’un fiato. E i Misteri di Parigi, che te ne pare? Io li ho trovati deliziosi, e giustificanti la fama loro. Se ti capitassero per le mani i Misteri di Londra, dimmelo.