Pagina:Parabosco, Girolamo – Novellieri minori del Cinquecento, 1912 – BEIC 1887777.djvu/181

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uomo sopra modo pronto e faceto. Disse una volta costui ad uno ch’era magro e afflitto dal mal francese e che si vantava d’aver buona carne sempre, perché la comperava da contrabandiere:

— Fate pur come sapete, ché mai non averete buona carne; — ed è motto bello e ascoso. Un altro simile ne disse ad uno che era cosi un poco pazzarello, e diceva: - Io faccio i fatti miei, e giamai non me impazzo con persona alcuna, — parlando in pura lingua nostra veneziana. — Anzi — diss’egli— voi v’impazzate con ognuno, — alludendo alla pazzia. Un altro ne disse molto bello ad uno, che, volendo recitare una canzone, disse prima:

— Signori, ella è mia farina; — al quale io Spallanca rispose:

- Non può essere che non ci sia della semola assai. — Ad un

altro, che diceva suonar bene di cornetto, disse: — Tu hai pur cattiva lingua; — ed era costui invero maldicente. Parlando un altro d’un certo cantore, disse: — Egli ha la testa grossa che pare un asino, ed egli solo a se stesso e non altri simiglia. — Ad uno, che si lamentava che una sua innamorata faceva piú ciera ad un altro che a lui, disse: — Io non dirò mai piú che le femine s’appiglino al peggio. — Avendo un pittore dipinto un presepio, e, dovendoli fare ancora due figure, non aveva poi campo di depingergli il bove e l’asino; al quale egli diede per consiglio che vi dipingesse due suoi figliuoli, ch’avrebbono sodisfatto ancora per gli animali. Bello fu, perché questo pittore aveva apunto due figliuoli che meritavono piú tosto nome di bestie che d’uomiiii. Ad uno, che si vantava di conoscere benissimo allo aspetto un inariuolo, disse: — Tu ti dèi di molte volte essere guardato nello specchio. — Ritrovandosi in luogo dove si cantava, e udendo che un cantore, che aveva il mal francese di strana maniera, intonava malamente il principio d’un madrigale che incominciava: «Scarco di doglia», disse: — Oh come malamente intonate voi questo principio! —

— Ancora noi — disse il Corso — in Ancona abbiamo un gentiluomo, detto il Rivale, che è persona ingegnosa e acuta in simil sorte di risposte. E, fra le altre sue prontezze, mi ricorda che un giorno, partendosi d’Ancona per Bologna un frate suo amico, doppo le solite raccomandazioni, gli disse di volergli