si potesse molto ben vedere ciò che per quel giorno o di bonaccia o di procella sperar o temer si dovesse. Laonde chi qua
e chi lá si diede a fare chi uno e chi un altro essercizio finché
l’ora attesa giunse; la qual venutane, tutti a mensa si posero,
dove fra loro diversi e virtuosi ragionamenti nacquero. Poscia,
levate le tovaglie ed essendo stato lor detto che d’assai la procella era cresciuta e che per quel giorno altro di meglio non
si poteva sperare, cosí il magnifico Badovaro incominciò a
dire: — A me parrebbe, se cosí a voi paresse, signori, che, essendo noi quinci ridotti senza altro intertenimento che quello
che la fortuna ci ha vietato, si ricompensasse in qualche altra
sorte di piacere, e che questa giornata non ci fuggisse da le
mani cosí miseramente che non dimostrassimo ad essa fortuna
ch’ella ci può ben tôrre il diletto del pescare, ma non giá quello
che suo malgrado possono, ovunque si truovano, prender gli
uomini valorosi. Però ritorno a dire ch’a me parrebbe, se cosí
a voi fosse in piacere, che tra noi divisassimo qualche ragionamento utile e piacevole, il quale avesse lungo spazio a rimaner
fra noi; onde ciascuno parli di qual soggetto piú gli pare a proposto che si ragioni, ché poscia tutti insieme eleggeremo quello
che piú a tutti parrá che ci arrechi utilitá e diletto. — Fu sommamente da tutti lodato il consiglio del Badovaro; per che chi
una cosa e chi un’altra a proporre incominciò. Chi diceva che
fora ben fatto ragionar della maggioranza tra l’arme e tra le
lettere. Altri furono che lodavano che si ponesse in campo
qualche amorosa quistione. Altri, che della filosofia morale sarebbe stato a proposto utile e dilettevole ragionar, dicevano;
e cosí chi una cosa e chi un’altra consigliava. Ma alla fine meglio giudicarono che fusse il novellare, avisandosi che la novella fosse non men utile che piacevole, per essere e satira
e piacevolezza e, oltre ciò, esser soggetto finito e grato a tutti.
Laonde, ciascuno d’accordo, il carico di darne il principio diedero al magnifico messer Lorenzo Contarino, il qual, non men
modesto e gentile che dotto e saggio, cosí, avanti che la novella incominciasse, disse: — In ogni occasione, valorosa compagnia, forza è che dimostriate l’amore che vi degnate portarmi