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iii - il vespro | 135 |
appressò non veduta; e molto in poco
strinse dicendo: — Tu sarai simile
al tuo gran genitore. — . . . . .
. . . . . . . . . . . . .
350Giá di cocchi frequente il corso splende:
e di mille che lá volano rote
rimbombano le vie. Fiero per nova
scoperta biga il giovine leggiadro
che cesse al carpentier gli aviti campi,
355lá si scorge tra i primi. All’un de’ lati
sdraiasi tutto: e de le stese gambe
la snellezza dispiega. A lui nel seno
la conoscenza del suo merto abbonda;
e con gentil sorriso arde e balena
360su la vetta del labbro; o da le ciglia,
disdegnando, de’ cocchi signoreggia
la turba inferior: soave in tanto
egli alza il mento, e il gomito protende;
e mollemente la man ripiegando,
365i merletti finissimi su l’alto
petto si ricompon con le due dita.
Quinci vien l’altro che pur oggi al cocchio
da i casali pervenne, e giá s’ascrive
al concilio de’ numi. Egli oggi impara
370a conoscere il vulgo, e giá da quello
mille miglia lontan sente rapirsi
per lo spazio de’ cieli. A lui davanti
ossequiosi cadono i cristalli
de’ generosi cocchi oltrepassando;
375e il lusingano ancor perché sostegno
sia de la pompa loro. Altri ne viene
che di compro pur or titol si vanta;
e pur s’affaccia, e pur gli orecchi porge,
e pur sembragli udir da tutti i labbri
380sonar le glorie sue. Mal abbia il lungo
de le rote stridore, e il calpestio