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poesie serie 23


XXXVI

[Imitato da Catullo, carme CI]

     Per molte genti e molti mar condotto,
o mio germano, finalmente io sono
a quest’esequie miserande addotto,
per far l’ultimo a te funebre dono.
    E poiché te medesmo a me non buono
destino ahi! tolse, e ’l tuo bel stame ha rotto
indegnamente, oimè! vo’dir qui prono
su la tacita polve un vano motto.
     Questi doni però tu accogli intanto
che ne’ funèbri sagrifici offrio
de’ maggiori il costume antico e santo.
     Questi accogli pur tu; ch’assai del mio
sono grondanti ancor fraterno pianto;
e addio per sempre, o mio germano, addio.

XXXVII

[Imitato da Orazio, odi III, XIII]

     O del vetro piú chiaro ameno fonte,
degno di dolce vin, cinto di fiori,
domane avrai un caprettin, cui fuori
spuntan le prime corna in su la fronte.
    Indarno ei mostra le sue voglie pronte
or a l’aspre tenzoni or agli amori,
poiché avverrá che i gelidi liquori
del suo sangue vermiglio esso t’impronte.
     Te l’ore atroci dell’ardente cane
non san toccar; tu doni a’ tauri, lassi
d’arare, amabil fresco e al vago armento.
     Però tra l’altre andrai chiare fontane;
ch’io l’elce canterò ch’ombreggia i sassi
cavi, onde scorre il tuo loquace argento.