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xvii - la gratitudine | 345 |
Però che dove o fra le reggie eccelse
loco all’arti divine
o in umil officine
o in case ignote la Fortuna scelse,
235ivi amabil decoro
e saggia meraviglia al merto desta
venne guidando, e largita modesta,
e de le Grazie il coro
co’ festevoli applausi, ora discinti
240or de’ bei nodi de le Muse avvinti.
Anzi, come d’Alcide e di Tesèo
suona che da le vive
genti a le inferne rive
l’ardente cortesia scender poteo;
245ed ei cosí la notte
ruppe dove l’oblio profondo giace;
e al lieto de la fama aere vivace
tornò le menti dotte;
e l’opre lor, dopo molt’anni e lustri,
250di sue vigilie allo splendor fe’ illustri:
tal che onorato ancor sul mobil etra
va del suo nome il suono
dove il chiaro polono
dell’arbitro vicino al fren s’arretra;
255dove il regal Parigi
novi a sé fati oggi prepara; e dove
l’ombra pur anco del gran tosco move,
che gli antiqui vestigi
del saper discoperse, e feo la chiusa
260valle sonar di cosí nobil Musa.
È ver che, quali entro al lor fondo avito
i Fabrizi e i Cammilli
tornar godean tranquilli,
pronti sempre del Tebro al sacro invito:
265tal di sé solo ei pago