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xvii - la gratitudine 347


     Dove, o cetra? Non piú. Rari i discreti
sono: e la turba è densa
che giá derider pensa
i facili del labbro a uscir segreti.
305Di lui questa all’orecchio
parte de’ sensi miei salgane occulta,
si che del cor, che al beneficio esulta,
troppo limpido specchio
non sia che fiato invidioso appanni,
310che me di vanti e lui d’error condanni.
     Lungi, o profani. Io d’importuna lode
vile mai non apersi
cambio; né in blandi versi
al giudizio volgar so tesser frode.
315Oro né gemme vani
sono al mio canto: e dove splenda il merto
lá di fiore immortai ponendo serto
vo con libere mani:
né me stesso né altrui allor lusingo
320che poetica luce al vero io cingo.