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sonetti 317


     Veggendosi ella allor le membra rotte,
coi lumi al ciel languidamente intesi,
tali fuori mandò grida interrotte:
     — Questi son del connubio atti cortesi ?
Per il gusto viril d’una sol notte,
mal muliebre sentir per nove mesi! —

CXXXVIII

LE SORELLE OLIVAZZI MONACHE

     Son sorelle Olivazzi, e non han padre:
l’una Chiara si chiama e l’altra Ersiglia;
donna Metilde ad una par che quadre,
e l’altra chiamerassi donna Emiglia.
    Fuggono il mondo e le sue pompe ladre,
ché l’angelo del ciel si le consiglia,
e fanno pianger la signora madre
e ridere il fratello a meraviglia.
     L’una e l’altra di canto si diletta;
santa Geltrude è il luogo, e parmi udire
che la lor vita non sia molto stretta.
     A chi mi comandò, per ubbidire,
che dicessi di lor qualche cosetta,
dirò che fanno ben: cosa ho da dire?

CXXXIX

Egimo, andiam giú per l’inferma (sic) valle.

CXL

AI CANONICI DI CURIO

che inauguravano la cappa magna.
Riedi, riedi all’onor de’ prischi vanti,
sacro stuol di leviti, e all’ara intorno
con la cetra e ’l salterò alterna i canti,
piú di virtú che di tai fregi adorno.