Pagina:Parini, Giuseppe – Prose, Vol. I, 1913 – BEIC 1891614.djvu/282

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ad un tempo ristoratori della buona latinitá, anzi i piú zelanti promotori delle lettere greche e latine; sicché può dirsi con veritá che, se da una parte riconducevano il secolo del Petrarca e del Boccaccio, per la puritá ed eleganza dello scrivere italiano, dall’altra riconducevano quello di Virgilio e di Cicerone, per l’eccellenza dello scriver latinamente in prosa ed in verso. Non è qui luogo d’annoverare tutti i valorosi scrittori del secolo decimosesto, ed è troppo facile d’altra parte averne notizia da molti autori che hanno scritta la storia letteraria. Solo ci basti d’avvertire, intorno a’ progressi della volgar lingua, che nella prima metá di questo secolo, vale a dire nel termine di soli cinquant’anni, dappoiché il Bembo cominciò a fiorire, furono scritte in lingua italiana e storie illustri, e gravissime orazioni, e trattati morali e filosofici, e bellissimi poemi eroici e didascalici e lirici e piacevoli d’ogni sorta, e tragedie e commedie, e traduzioni moltissime e diverse d’autori greci e latini; tanto che si potè apertamente conoscere quanto il toscano idioma fosse atto, in mano de’ buoni scrittori, a trattar bene ed ornatamente ogni genere di materie. Allora si fu che questa lingua, divenuta veramente preziosa per la quantitá delle cose in essa nobilmente scritte, eccitò l’invidia degli italiani medesimi, talché ciascuno o la voleva privatamente per sua. o voleva almeno parteciparne. I fiorentini, i quali per avventura avevano piú ragione degli altri, vantavansi d’essere naturali possessori di essa lingua, e volevano perciò che questa, benché comune allora a’ letterati d’Italia, portasse il nome di «fiorentina». Gli altri toscani pretendevano d’aver aneli’essi anticoe presente possesso dello stesso fondo, e volevano chela lingua si chiamasse «toscana»; e tutti gli italiani, massimamente i lombardi, la volevano «italiana», ora allegando anch’essi antica ragione e possesso, ora, piúgiustamente, allegando diritto di coltura e di miglioramento fatto nello stesso fondo. Altri avevano trovato un temperamento di chiamarla «cortigiana», o dalla corte di Roma, dove si pretendeva che anticamente fosse parlata, o dalle corti de’ principi italiani, nelle quali attualmente si coltivava insieme a tutti i generi di lettere, d’arti e di gentili costumi. I piú modesti e discreti perfine si stavano imparziali, e contentavansi