Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti.pdf/296

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profondamente coscienziosa che si ricerca quando si ha da spingere un popolo, dei quale pur siamo chiamati a tutelare gl’interessi morali e materiali, per la via dei sacrifizi e dei pericoli che sempre accompagnano le imprese di guerra. Il prolungato esame che l’ufficio centrale credette dovere istituire sul progetto di legge che è sottoposto alle vostre deliberazioni, e che l’ufficio medesimo confida non siate per imputargli a colpa, vi spiega e vi assicura insieme che esso non disconobbe l’importanza infinita del’'tema che doveva trattare, nè quale responsabilità gli venisse dall’onorevole si, ma pur gravissimo mandato che esso ebbe da voi. Dapprima dovette l’ufficio centrale entrare in minute disquisizioni onde farsi capace della posizione in che il nostro Stato verrebbe a trovarsi pei fatto della lega, rispetto alle altre potenze contraenti quando venissero ad aprirsi, o durante il corso delle ostilità o dopo cessate le medesime, negoziati tendenti a! ristabilimento della pace ed all’assesto di interessi reali ed effettivi del nostro paese. Nè qui è da tacere che nel seno dell’ufficio erano alcuni commissari ai quali pareva che il disposto dell’articolo 3 del trattato de! IO di aprile, quando avesse ad applicarsi a potenze diverse da quelle che iniziarono l’alleanza, potesse per avventura intendersi in senso restrittivo, e tale da non assicurare alle potenze accedenti pieno diritto d’intervento decoroso ed efficace nei negoziati di cui si è fatto cenno di sopra. L’importanza dei quesito e la ragionevolezza del dubbio furono apprezzate dall’intiero ufficio. Vennero perciò chiesti colla dovuta riserva analoghi schiarimenti, e furono in conseguenza date con li più esplicita ponderazione risposte per parte del signor presidente dei Consiglio, ministro degli affari esteri, che posero in fermo questo fatto, cioè che la Sardegna avrà naturalmente voce in qualsivoglia trattativa che riguardi i suoi propri interessi, e che la pace non verrà fatta senza il di lei intervento. E quando diciamo che la pace non verrà fatta se il Piemonte non vi è incluso e se i suoi interessi non sono debitamente consultati, noi intendiamo non soiamente degl’interessi esclusivi od immediatamente diretti del paese, ma anche di quelli che si allargano in più vasta sfera. Valga ad esempio : se i negoziati si aggirassero sulle condizioni della libertà def mar Nero, di quella libertà a cui il nostro commercio è così vivamente interessato, la maggioranza dell’ufficio crede poter asserire che, secondo le formali spiegazioni avute, io Stato nostro dovrebbe aver voce in tali materie. Accertato così il senso dell’articolo 3 del trattato cui fummo invitati ad accedere, sorgeva ìa questione per noi decisiva, vale a dire se dovessimo aderire all’invito, ovvero convenisse rimanerci in una perfetta neutralità. La questione era ardua e presentava diversi punti di considerazione. La somma però degli argomenti riducevasi in questi termini, a senso dell'ufficio centrale, o, meglio, della maggioranza di esso, poiché d’ora in poi a questa maggioranza si riferisce quello che è detto dell’ufficio centrale ; pericoli gravi, conseguenze imprevedibili, incertezza di sorti da ambi i lati. L’accessione alla lega «ingiunge a pericoli incerti, eventuali, sacrifizi certi ed attuali, ma ad un tempo colloca il nostro Stato in una condizione che gli assicura un grado di qualche eminenza nei Consigli d’Europa, e gli apre una prospettiva di possibili vantaggi all’avveuire. L’ufficio centrale dovette riflettere che, se vi sono dei paesi in Europa ai quali è dato privilegio di neutralità, neutralità che è la condizione, l’essenza stessa della loro indipendenza e della loro nazionaiiià, neutralità quindi per essi necessaria ed assoluta, vi sono altri Stati che, per ragione della loro giacitura, dei loro rapporti e delle loro tradizioni, non possono guari rimanersi neutrali ogni qualvolta sorgono in Europa generali contese di equilibrio o di preponderanza. Lo Stato sardo appartiene a questa seconda categoria; se la sua storia dimostra quanto gli sia costato di sangue questa ineluttabile condizione, essa chiarisce del pari come per questa medesima condizione egli abbia acquistato solidità di riputazione ed accrescimento di territorio. Sin tanto che il Re di Sardegna signoreggierà quei due grandi spalti della rócca delle Alpi che sono la Savoia ed ii Piemonte, egli non potrà starsi semplice spettatore delie grandi iotte europee. Doveva l’ufficio centrale porre innanzi queste considerazioni per dichiarare il modo con coi fecesi a costituire il criterio delle sue deliberazioni ; ma un fatto di recente avvenuto cambia assolutamente lo stato della questione. Voi sapete, o signori, che nell’intervallo trascorso dopo il voto della Camera elettiva per l’approvazione delie convenzioni dipendenti dalì’accessione a! trattato del 10 di aprile, l’imperatore di Russia dichiarò la guerra al Re di Sardegna. Questo fatto, togliendoci la libertà della scelta, toglie insieme ogni esitazione. Noi portiamo fiducia che, qiianto più pronto e spontaneo fu l’assenso del Governo de! Re ali’entrare nella lega, tanto più efficace ed energica sarà l’assistenza che le potenze iniziatrici dell’alleanza presteranno alia Corona di Savoia nel corso delle vicende a cui ella si espone in seguito ai contratti impegni. Rimangono ad esaminarsi i patti della convenzione militare e della convenzione suppletiva, che potrebbesi anche chiamare finanziaria, i quali dovevano formare particolare oggetto dell’attenzione dell’uno e deli’altro ramo del Parlamento. L’ufficio centrale non ha potuto formarsi l’idea precisa ed esatta de! modo col quale vennero condotti i negoziati rispetto a queste due convenzioni, perchè, come è stato già dichiarato dai ministri del Re nel seno della Camera elettiva, e fu ripetuto dal ministro degli affari esteri ne! seno del vostro ufficio centrale, quelle trattative per la massima parte ebbero luogo verbalmente mentre i plenipotenziari si trovavano tutti raccolti a Torino. Non dissimulerà l’ufficio centrale, come gli sarebbe parato cosa per sé desiderabilissima, e forse più consentanea all’importanza del negoziato, e p'ù conforme a quanto si praticò generalmente, e dalla Corte di Savoia massimamente in simili contingenze, che si fossero dai ministri dei Re consegnate in iscritto le serie delle proposizioni, e chieste parimente in iscritto ie principali almeno delle risposte degli esteri plenipotenziari. Così sarebbe rimasta una traccia durevole che avrebbe messo in evidenza i fondamenti degl’impegni che dal nostro Governo si contraevano e la solidità dei vantaggi che esso si riprometteva ; così la responsabilità ministeriale sarebbe stata guarentita dalla permanente prova degli atti cui i consiglieri della Corona si fossero successivamente appigliati. E ciò tanto più opportuno e desiderabile sembra ancora all’uffizio centrale sarebbe stato, poiché, dai fatti e dai documenti dei quali ebbe conoscenza, esso potè giudicare che siffatte comunicazioni, messe in iscritto, avrebbero serbata perenne irrefragabile testimonianza di ciò che l’invito venuto al Governo del Re di accedere al trattato del IO d’aprile era stato fatto dapprima, e svolto di poi in quel modo ed in quei termini che meglio si addicevano all’altezza cui sono poste le Corti iniziatrici dell’alleanza, come avrebbero ad evidenza dimostrato che ad un procedere leale e generoso ia Corona di