Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti I.pdf/56

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pubbliche, onde il commercio conosca i mediztori che ne fanno parte, e che ogni societá non ecceda il numero di tre soci, nè in alcun caso il terzo dei mediatori esercenti nel paese dove la societá è formala.

Quanto al divieto di cui al numero 2 la Commissione ha osservato che nel di lei sistema acconsentito dal signor mini- stro tale divieto non può avere luogo riguardo ai sensali, e conseguentemente lo ha ristretto ai soli agenti di cambio.

Finalmente quello portato al numero 4 la Commissione crede che deve essere soppresso. La tariffa col divieto di ec- cederla non suona altrimenti che la fissazione di un massimo prezzo, nè può mai essere che la conseguenza delle privative e del monopolio. Quindi, tolta ai mediatori l’esclusiva di cui godeva un piccolo numero, resa quella professione accessi. bile da chiunque, il divieto di eccedere la tariffa non solo ri- mane senza scopo, ma implica perfino contraddizione, e di- venta un’ingiustizia. La tariffa sará però sempre utile e vuol essere fatta; ma non può piú avere altro scopo salvo quello di siabilire una norma onde non obbligare Îe parti a conve- nire sui diritti di mediazione per ogni operazione, e per evi- tare ia possibilitá dei litigi e di decisioni arbitrarie o di ne- cessitá precedute da dispendiosi incombenti, ove non siavi stata convenzione. In questo senso soltanto la vostra Com- missione riconosceva Putilitá della tariffa di cui è quivi que- stione, ed a ciò solo ridotta la disposizione del numero 4 del- l’articolo 13, la trasportava in ultimo nelle disposizioni ge- nerali.

Grave fu la questione giá nell’ufficio quinto e poscia nel seno della Commissione intorno al capo IV concernente le pene ai trasgressori.

Trovavasi giá troppe severa in generale la frequente ap- plicazione della pena della sospensione e della destituzione che rincontrasi in questo articolo, anche per lievi infrazioni, e massime quella inflitta pel ritardo nel pagamento della fassa e nella reintegrazione della cauzione. Ma, innalzatasi la discussione a piú alto concetto, la Commissione rifletteva: che la pena della sospensione e della destituzione od inter- dizione, qualunque ne sia la forma, non è altro nella sostanza e negli effetti fuorchè una vera confisca dell’industria e del- attitudine al lavoro ; che questa pena, talvolta in apparenza od in effetto leggiera, è per lo piú gravissima e fuori di ogni proporzione coll’infrazione e col reato per cui è applicata; poichè un individuo, e specialmente un padre od una madre di famiglia, privo di beni di fortuna, se viene impedito dal- l’esercitare ia sua professione, o è spogliato della clientela con piú o meno lunga sospensione, risente ben piú grave danno che se fosse condannato agli arresti o al carcere anche per vari mesi; che questa pena, oltre di essere per lo piú eccessiva, e pertanto ingiusta verso il delinquente, riesce anche nocevole alla societá, imperocchè, privato costui dei mezzi onesti per procacciarsi ia vita per sè e per la sua fa- miglia, si trova spinto dalla necessitá a procaceiarselo con piú gravi delitti, dei quali la legge si fa in certo modo solidaria; che pertanto la pena della sospensione, della destituzione e delia interdizione, contraria alla civiltá ed alle aspirazioni umanitarie dei nostri tempi, deve in generale essere esclusa, salvo nei casi in cui il reato stesso dimostri che il delinquente non potrebbe uiteriormente esercitare la sua industria, fuor- chè con reale ed inevitabile danno della societá; che tale è appunto il sistema della nostra legislazione penale, come ri- sulta dagli artiecli 45 e 18 di quel Codice, dal quale sistema non vi sarebbe nè convenienza, nè necessitá di scostarsi; che tatto al piú, per raggiungere io scopo che si propoae il Mi- nistero in questo capo del suo progetto, si può dichiarare

obbligatoria l’applicazione della pena accessoria della sospen- sione, che è soltanto facoltativa a termini del succitato arti- colo 48 del Codice penale, ed aggiungervi quella dell’inter- dizione pei casi di recidiva.

La Commissione deliberava pertanto di cancellare da que- sto progetto tutte le pene di sospensione e di destituzione, salvo pel caso sovra espresso, e di surrogarvi quella della muita. E le è grato di potervi dichiarare avere avuto nella sua determinazione totalmente consenziente il signor ministro.

Per naturale conseguenza di questa deliberazione, soppri- meva la disposizione dell’articolo 22.

Alla parola destituzione poi ha credito di dover surrogare la parola interdizione, non tanto per non adoperare una lo- cuzione diversa da quella usitata dal Codice penale, quanto perchè, a termini del progetto ministeriale stesso, la media- zione, cessando di essere una funzione derivante o retta dalla nomina del Governo e divenendo una semplice professione al di cui esercizio, come nelle altre, si acquista il diritto, me- diante prove di capacitá e d’idoneitá, le quali sussistono an- che dopo il reato, non può piú essere il caso di destituzione, la quale è sempre facoltativa al Governo negl’impieghi anso- vibili e nelle pubbliche funzioni, ma solo d’interdizione dall’e- sercizio.

Il capo quinto, concernente la sorveglianza, da che tuiti i commissari erano persuasi delle gravi difficoltá e forse anche dell’impossibilitá di fare due camere sindacali, una per gli agenti di cambio e l’altra pei sensali, non dava piú luogo a discussioni, e la Commissione ne ammetteva tutti gli articoli, salvi leggieri emendamenti di redazione, e specialmente uno a ciascheduno degli articoli 27 e 29, AI primo per chiarirne maggiormente il concetto e togliere una ambiguitá che risul. tava dalla menzione che ivi facevasi di due Camere ed al- l’altro per fare la sostituzione sovraccennata.

Nel capo sesto ed ultimo, riflettente le disposizioni gene- rali e transitorie, si trasferivano dal capo primo e dal capo terzo quelle delle quali abbiamo giá fatta parola in ordine alla vendita degli effetti pubblici alle gride ed all’aumento della cauzione per tali operazioni.

La Commissione credeva inoltre opportuno di aggiungere un apposito articolo per eliminare i dubbi che potessero ec- citarsi dai mediatori pubblici e riconosciuti relativamente al- l’imposta stabilita a loro carico dalla legge del 7 luglio 1853 e per sottoporre alla medesima imposta coloro che, senza es- sere pubblici mediatori, esercitano abitualmente la profes. sione di sensali, affinchè non possa mai farsi frode alle fi- nanze, nè l’esenzione dall’imposta sia un incentivo a taluni di esercitare la mediazione senza farsi riconoscere pubblici sensali.

Un°altra aggiunta vi viene ancora proposta, ed è di dichia- rare che sará provvisto per decreto reale all’esecuzione di questa legge, e principalmente per ciò che concerne le cau- zioni e le iscrizioni al ruolo di cui negli articoli B all’11 in- clusivamenie,

La necessitá di quest’aggiunta non ha mestieri di essere dimostrata.

Gli articoli giá tenorizzati in questo ultimo capo non da- vano luogo ad osservazioni salvo il 36 cd il 37.

In ordine al’articolo 56 si dubitava da alcuno dei com- missari se il Governo potesse assumersi il carico dei compensi in addietro pattuiti dai mediatori dimissionari e promessi da quelli che li hanno surrogati. Si diceva che il Governo, es- sendo estraneo a queste contrattazioni, né avendone ricavato alcun utile, le finanze non dovevano sopportarne la conse- guenza.