Pagina:Parlamento subalpino - Atti parlamentari, 1853-54, Documenti II.pdf/40

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parte le questioni e ie liti che rendono intricata ed onerosa Pesecuzione della legge in vigore,

L’esenzione di tassa accordata dalla Jegge 17 giugno 4851 alle successioni in linea retta d’un valore non eccedente le lire 2000 si appalesa meno consentanea all’articolo 25 dello Statuto, secondo il quale la tassa proporzionale debbe essere sopportata da quelli che lucrano molto, egualmente che da quelli che lucrano meno,

Egli è d’altronde non conforme ai principii di giustizia e d’equitá che en solo individuo chiamato a raccogliere un’e- reditá di lire 2000 vada esente da tassa; laddove dieci coeredi d’una sostanza del valur complessivo di lire 2010 sono tenuti a scontarla per la propria virile rilevante a sole lire 201...

Il privilegio dell’esenzione di cui si parla sarebbe d’al- tronde in opposizione col sislema di percezione dei diritti d’insinuazione che venne adottato colla legge del 22 giugno 4850, mercé la quale, abolito il privilegio dei patti di fami- glia, si assoggettarono al diritto proporzienale le mutazioni tra ascendenti e discendenti, senza distinzione d’enlitá o di valore.

L’abolizione deil’esenzione anzidetta sarehbe pur anco suggerita da una considerazione di grave peso. Non solo le ereditá del valore di lire 2000, ma eziandio quelle rilevanti a piú del doppio, vengono sottratte al pagamento della tassa, perchè generalmente gli eredi fanno ogni studio per farle comparire inferiori al valore dalla legge stabilito per limite dell’esenzione; per cui sull’istanza dell’amministrazione se- guono frequenti i procedimenti di perizia od altri incum- benti giuridici, le cui spese non lievi, ricadendo a carico de- gli eredi, rendono i medesimi in condizione peggiore di quella in cui si sarebbero trovati se avessero usata maggior fedeltá nella consegna, e non avessero avuto nella disposi. zione della legge un incentivo alla frode.

Nè meno contraria all’articolo 25 dello Statuto può ravvi- sarsi l’esenzione dalla tassa di successione delle rendite sul debito pubblico dello Stato,

E invero quegli che aumenta la sua fortuna mediante una ereditá consistente in sostanze di tal fatta, perchè dovrá es- sere in miglior condizione di quell’altro che per via d’ere- ditá aumentò pure Ja sua fortuna con beni di diversa natura ?

Si vorrebbe opporre che l’articolo 4 dell’editto 24 dicem- bre 1819 dichiara esenti le rendite del deb’to pubblico da ogni legge d’ubena, ritenzione, confisca ed imposizione,

A questa eccezione si risponde che una legge in materia di successione, la quale non dichiari esenti le dette rendite dalla tassa imposta sulle trasmissioni delle altre sostanze ere- ditarie, non impone direltamente una tassa sopra di esse, ma unicamente sopra la massa ereditaria. Diversa cosa sa- rebbe se si volesse gravare le rendite pel semplice loro pos- sesso in via di contribuzione diretta, ovvero soltoporle a contribuzione indiretta nei casi di mutazioni contrattuali ; ma di simili gravezze non si trovano colpite da nessuna legge finanziaria; che anzi il loro trapasso per sito tra vivi è in questo stesso progetto di legge dichiarato esente da diritto proporzionale.

Rimontapdo all’origine dell’esenzione di cui è caso, deb- besi ritenere che, creandosi colla legge organica del debito pubblico 1819 un valore nuovo, una nuova specie di pro- prietá, le rendite create sarebbero pure state perJoro natura soggette ai tributi cui giá per effeito del regio editto 44 di- cembre 1848 soggiacevano le proprietá d’ogni sorta, ove le ragioni non giá di giustizia ma d’opportunitá e temporanea convenienza non avessero determinato il legislatore ad ar-

ricchirle allora dello straordinario vantaggio delle esenzioni dalle imposizioni.

Il primo motivo d’opportunitá e convenienza stava nel proposito di chiamare sulle nuove rendite il favore del pub» blico e specialmente dei capitalisti, come lo manifesta il proemio del citato editto per fondare cosí con ogni possibile alletitamento il pubblico credito appo noi rinascente.

Altro motivo consisteva in ciò che essendo le rendite della prima creazione 1819 destinate esclusivamente al’’estinzione del debito antico dello Stato, e prevedendo che tali rendite non avrebbero facilmente toccata la metá del pari (come dif- fatti il primo corso delle nostre rendite toccò appena la metá del 62 per cento), il legislatore ravvisò consentaneo all’equitá che non si aggravasse ancora con un tributo diretto la sorte

‘dei creditori giá pregiudicati dali’obbligo di ricevere una

carta scadente in soddisfacimento dei remati loro averi, e per cui lo Stato acquistava la liberazione del capitale intiero.

Considerata in tale aspetto la causa e i’essenza dell’esenzione conceduta alle prime rendite dello Stato, la quale venne poi estesa a quelle createsi posteriormente in ben diversa condi- ziene di cose e con ben altro effetto riguardo a chi sponta- neamente le acquistara, si può con fondamento sostenere che ge quel favore debbe rimanere intangibile per quanto sia di qualucque contribuzione diretta ed ordinaria, non sia però chiusa la via a ritenerle come suscettive di tributi indiretti il cui carattere sia non giá di colpirle in modo indistinto, permanente ed uniforme come rendite, ed a carico di chi le possiede per acquisto o ritenzione spontanea, ma bensí di considerare nel suo intiero senza detrazione alcuna di valore una massa ereditaria comprensiva pare di rendite, la qual massa costituisce un complesso di proprietá acquistata a ti- tolo lucrativo come succede nelle trasmissioni a causa di morte,

Egli è incontrastabile che in siffatto sistenra d’interpreta- zione giá si discese dopo l’osservanza dello Statuto e segna- tamente colla disposizione dell’altimo alinea dell’articole 4 della legge 17 giugno 1851, mercè cui venne esclusa la de- duzione dei debiti di una successione i quali si trovino co- perti dall’esistenza di rendite nella massa ereditaria.

Altri motivi di giustizia e di bene intesa economia assistono pure la tesi con cui vuolsi sostenere l’abolizione dell’esen- zione in discorso,

Le necessitá dello Stato portarono la massa del debito pub- blico ad ingente somma di capitali che irovansi innestati nei patrimoni privati, e questo valore, alimentando la fortuna soprattutto di ricehi speculatori, non può guari concepirsi come abbia quella grande massa di averi a sottrarsi a qual- sivoglia concorso nel sopportare le pubbliche gravezze, al- meno in que! modo che il potrebbero senza violazione dei patti protettori di que! genere di proprietá.

Se ogni benchè minima ereditá e senza eccezione di sorta, qualunque pur fosse il vincolo tra il defunto e l’erede, trovasi colpita da una tassa sul montare di tutti i suoi valori d’aitra natura, è certemente cosa esorbitante che l’ereditá, anche la piú pinpgue per possidenza di rendite sul debito pubblico, debba andare esente da qualunque tassa, fossero pur estranei fra loro il defunto e l’erede. :

La legge impone l’obbligo della consegna e del pagamento della tassa di successione tanto pei beni immobili quanto per i mobili; ma a riguardo alla mobilia contemplata nell’articolo 443 del Codice civile, si sarebbe introdotta una disposizione per la quale i contribuenti sarebbero esonerati dall’obbligo di farne la consegna, e ritenendosi che l’ereditá composta di beni stabili, crediti, rendite o fondi di negozio, sia conside- rala siccome aveuti effetti di mobilia per ua valore corrispon-