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vino, Da’ brezza bella e vedere il ritorno senza guai Ai marinai che della nave guide e capi sono...». Ma se è respinto, maledice: «Marinai, passatori del mare, simili all’odiosa Ate, Che fate una vita non invidiabile agli smerghi paurosi, Venerate la divinità di Zeus ospitale, che impera dall’alto: Chè grave è la vendetta di Zeus ospitale, contro chi l’offende». Così a tutti si rivolge l’aedo, chè a tutti canta, uomini e dei: entra come nella casa dei re, così nella capanna del capraio; chiede con la maestà del sacerdote sì ai pescatori che tornano con le reti, sì ai vasai che accendono la fornace; e canta. Qualche volta dorme sotto un pino della campagna; qualche volta, sorpreso dalla neve, vede risplendere in una casa ospitale la bella fiammata, che orna la casa come i figli l’uomo, le torri la città, i cavalli la pianura, le navi il mare. Ma presso i capi o re o nelle grandi solennità religiose era la sua fermata solita e utile. Il ceryx, se egli era cieco, lo conduceva in mezzo dei convitati, lo appoggiava ad una colonna, lo faceva sedere sullo sgabello e gli appendeva a un chiodo sopra la testa la phorminx squillante, mostrandogli come prenderla con la mano, quando fosse venuta l’ora: intanto gli collocava avanti la bella mensa e un canestro, una coppa di vino, che ne bevesse quando volesse il suo cuore. E quando era sazio il desiderio del bere e del mangiare, allora la Musa (dea invisibile) lo eccitava a cantare le glorie dei forti, κλέα ἀνδρῶν, o gli amori e i dolori degli dei. Come imparava egli le sue oimai? Egli era o si professava αὐτοδίδακτος, e aveva necessità di «trovare» e non ripetere, chè «quella canzone più celebrano gli uomini, La quale a chi l’oda più nuova