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in una battaglia, non si vide più: era tornato dio. La madre era Amata, che è quanto dire Vesta o Rhea, poichè tal nome si conservò in Roma, e con esso il Pontefice Massimo chiamava la prima Vestale. Helena greca invece era nata o da Leda o da Nemesi, o da Leda che si chiamò poi Nemesi. Il suo padre è Tyndaro, in apparenza; in realtà, Zeus. Per il suo concepimento avvenne una trasformazione, secondo i più dei poeti, del padre in cigno; secondo Stasino nelle Cypria, della madre (Nemesi) in ogni specie di animali terrestri e marini. Nulla di ciò nell’Helena italica; però tra i suoi progemitori (e nella mitologia si sa che spesso i figli e i nepoti sono la duplicazione dei padri e degli avi) è Picus, che fu converso in uccello dalle ali variopinte. La leggenda italica noi la dobbiamo recuperare dall’adattamento che se ne fece poi ad altre leggende greche; e ogni traccia è preziosa. Vediamo, per esempio, che come Helena, così Lavinia aveva due fratelli e una sorella. La sorella comparisce in una pittura d’un colombario nell’Esquilino, illustrata da Edoardo Brizio come egli sa illustrare: due donzelle siedono; una parla con un giovine che è in piedi e in atto di allontanarsi. Or l’una è Lavinia, come indica il residuo del nome Lavini scritto sul suo capo, e l’altra è la sua sorella, se ben si argomenta dalle lettere (di cui l’ultima mezza) sor, che il Brizio lesse pure sopra il capo di questa, e che sono il principio della parola soror1. Il che è confermato anche da altre analogie che vedremo.

  1. Pitture e sepolcri scoperti sull’Esquilino nell’anno 1875. Relazione di Edoardo Brizio, pag. 17.