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la poesia epica in roma 235

loro navigazioni piene di promesse e di sogni (e quali navigazioni se non verso l’Hesperia?); o da esso presero i marinai ispirazione a congiungervelo. Certo erano versi che fermavano, e li troviamo ripetuti nell’Inno ad Aphrodite1. Il fatto è che il continuatore lirico dell’epopea omerica, il grande Stesichoro, cantò nella sua «Distruzione d’Ilio», di Aineias che coi suoi cercava la terra del tramonto2. Il trovarsi primamente in un Siceliota così interpretata la predizione del dio, fa vedere, mi pare, che ella non fu mai interpretata diversamente, o che almeno già dagli antichi navigatori che portavano le prime colonie greche nelle coste della Magna Grecia e della Sicilia, era interpretata così. Come il figlio di Aphrodite, il modesto ma promettente eroe dell’Iliade, era fatto fermare in Occidente? Di Stesichoro non è più che quel cenno. Ma da scrittori che vennero dopo è narrato un fatto degno di attenzione. Donne che erano sulle navi, donne Troiane anzi, per il tedio del mare, bruciarono le navi, e così fu necessario fermarsi. Ciò avvenne, secondo Conone che è molto autorevole in argomento di antiche colonie, in Thessalia, e l’autrice dell’incendio fu Aethylla (nome significativo d’incendio), sorella di Priamo3; secondo altri, riferiti da Strabone, presso Neaetho, fiume sopra Crotone4; e ciò perchè quel nome fu fatto derivare da Nabatos; o meglio, perchè

  1. Hymn. Hom. Γ 197; dove è affermata la perpetuità della discendenza con più forza che nell’Iliade.
  2. Nella tabula Iliaca, il cui autore seguì Stesichoro, κατὰ Στησίχορον, ὁ Αἰνείας σὺν τοῖς ἰδίοις ἀπαίρων εἰς τὴν Ἑσπερίαν.
  3. Conon. narr. xiii.
  4. Strab. VI p. 262 B. Ovid. Met. XV 51. Plin. III xi 15.