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per la sconfitta. Il rude Fauno che ha intanto narrata al popolo la prima guerra punica, è per morire. Egli è forse malato e scorato sulle quinqueremi di Scipione; egli ha sentito il clamore di quel ben augurato imbarco, clamore che fece cadere a terra gli uccelli volanti nell’aria. Non è più il tempo de’ brontolìi e mormorìi. Roma ha vinto o sta per vincere. Quel giovine, che da giovinetto vestiva il greco pallio, stava per avviare infine Roma alla conquista del mondo. È il tempo della gioia e della gloria. E allora la poesia entrò nella grande famiglia bellicosa di Romolo. Venne con passo di volo: pinnato gradu1. Quale fu lo strepito del suo volo! Fu come se venisse uno stormo di gru dall’alto mare, con gli aerei squilli di tromba che manda il nero triangolo di tra le nuvole. Fu anzi come riga candidissima di cigni, da’ cui lunghi flessibili colli esce una musica di chiarine, che echeggia su fiumi e stagni. ☐ no: fu una schiera lucida di bronzo, una schiera di guerrieri, il cui cuore si bea bensì della pace, la quale, come è nel peane di Bacchylide, germina i fiori delle canzoni, miele dell’anima; ma si volge ancora, quando è necessità, alle armi; una schiera ben allineata di guerrieri a cavallo, che si avanza cantando dietro un re, cui non tocca il fuoco e il ferro, che passa inviolabile in mezzo alla battaglia e alla barbarie. Chi fu questo re, che condusse a Roma lo scintillante squadrone dei versi che cantano in lunghe uguali righe,

  1. Porcius Licinus in Gellio XVII xxi 45: Porcius Licinus serius poeticam Romae coepisse dicit in his versibus: Poenico bello secundo Musa pinnato gradu Intulit se bellicosam in Romuli gentem feram.