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Anchise, figlio di re, ha dalla dea l’annunzio e il consiglio. Anchise vuole ubbidire. Enea rilutta. Venere stessa lo prega e gli parla della terra del tramonto, della terra di Saturno che l’aspetta. Lasciano piangendo la città destinata a perire in Asia per risorgere in Italia. In Italia Enea sposa (si può indurre da Naevio, che Ennio verisimilmente seguì) la figlia del re Albano, e svanisce poi divenendo dio. E Ilia che di lui rimane con una sorella maggiore, in sogno (probabilmente) concepisce da Marte; e partorisce i due gemelli; e gettata ella nel fiume diviene di esso fiume la moglie immortale; e i gemelli esposti sono nutriti del latte ferino della lupa, e crescono e sono riconosciuti dal re d’Alba. Nel cielo è consiglio; sta per nascere Roma. Lassù il destino dei due gemelli si decide: uno solo di essi verrà nel cielo1. E in terra, da due colli, i due gemelli attendono a osservare il volere degli dei, guardano nel cielo diviso e tagliato dal lituo augurale. Passano i dodici avvoltoi: Romolo è re e Roma si deve chiamare la città. In quel momento sorge il sole. Il giorno che comincia è poi contristato dalla rissa fatale de’ due gemelli. E il libro primo continuava sino alla morte e deificazione del nepote di Enea. Il secondo libro comprendeva i quattro primi re2; il terzo i re Etruschi e la loro cacciata. Il quarto giungeva forse sino a Camillo, il quinto certo sino a Pyrro. Il sesto, che è col

  1. La promessa che fa Giove, secondo Servio (vedi in nota a I fr. xl), ai Romani, dell’eccidio di Carthagine ha il suo posto naturale nel libr. VIII: vedi fr. xxiii e seg.
  2. Vedi nell’Aen. vi 777 e segg., 807 e segg. in cui Romolo è pur separato dai re.