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302 antico sempre nuovo

di Albio Tibullo, ed è foggiato sullo schema degli inni greci. Risale al 723, quando Tibullo era giovane, di 23 anni, quando Ovidio era fanciullo di 12. Viveva al tempo di Ovidio un Pontico chiaro nel poema eroico, autore d’una Thebaide, che, secondo Properzio, che l’aveva detto anche di Vergilio, disputava la palma ad Omero1; un Tuticano, traduttore della Phaeacide omerica, ossia dell’episodio di Nausicaa2; un Macro (da non confondersi col poeta dell’Ornithogonia, delle Theriaca, del de herbis), cui Ovidio chiama Iliaco e dice che compose Antehomerica e Posthomerica, prendendo dai Cyclici3; e un Sabino, che Ovidio chiama «suo», e che scrisse, oltre risposte degli uomini alle lettere delle eroine Ovidiane, una trisemem (?) e un’opera sui «giorni», rimasta incompiuta4; e un Caro autore d’un poema su Ercole, e un Largo, che cantò Antenore, e un Camerino, che narrò la distruzione di Troia, e un Trinacrio (è nome proprio o aggettivo?) autore d’una Perseide, e un Lupo scrittore d’un nostos, il ritorno di Helena e Menelao5. E non sono tutti qui: c’erano due Prisci, un Numa, cantore di guerre Romane in Africa e un Mario scripti dexter in omne genus6.

  1. Ovid. ex P. IV x 47. Prop. I vii 1 e segg. 1 ix 9.
  2. Ovid. ex P. IV xii 27, xiv: epistole indirizzate a Tuticano, il cui nome lamenta Ovidio che non possa entrare nel metro dattilico, xvi 27.
  3. Ex P. II x 13 e seg. (epistola indirizzata a lui, dove si raccoglie che gli fu compagno di viaggio, anzi guida in un viaggio in Asia e in Sicilia); am. II xviii 1 e segg.
  4. Ovid. am. I xviii 27. Ex P. IV xvi 13 e segg.
  5. Ovid. ex P. IV xiii 11, xvi 7, 17 e segg. 25 e seg.
  6. Ovid. ex P. IV xvi 10, 23 e seg.