Pagina:Pascoli - Antico sempre nuovo.djvu/329

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tante piantine nuove che tra cent’anni saranno, se altro non accade, piante... Oh! vietate prima che si taglino quelle che già ci sono!

Intanto godiamoci questi di Virgilio. Che bell’ombra fanno, smeraldina, sulle felci1, sulle calendule gialle2, sui fior di lupo o ellebori3 che nascono ai loro piedi! E c’erano i crochi affusolati, coi loro pistilli e stami di fuoco vivo; ma ora sono sfioriti, spariti, svaniti, con le esili foglie; nel molle musco e nell’erbetta del terreno4. E non mancano le scille, e abbondano il timo e il serpollino5. E come non si farebbe vedere la fusaggine? E come non si farebbe sentire lo spin cervino?6.

E a tener compagnia ai castagni si vede qualche leccio7, qualche ischia8, qualche noce9, qualche sorbo10. Ma il bosco s’addensa sempre più. Ne spira un senso d’austero, di solenne, di santo. Siamo giunti al sacrario del bosco sacro. Quivi è la religione antica del poeta.

  1. Le felci, Georg. II 189, III 297.
  2. Le calendule, Buc. II 50.
  3. Il fior di lupo o elleboro, Georg. III 451.
  4. Il croco, Georg. IV 182. Dello zafferano di Cilicia, Georg. I 56.
  5. Il timo e il serpillo, Buc. V 77, VII 37, Georg. IV 112, 169, 181, 241, 270, 304, Aen. I 436. Buc. II 11, Georg. IV 31. Le scille, Georg. III 451.
  6. La fusaggine o evonimo è forse il siler, Georg. II 12, lo spin cervino, per alcuni è il paliurus, Buc. V 39.
  7. Il leccio (ilex), Buc. VI 54, VII 1, Georg. II 453, III 330, 334, IV 81, Aen. VIII 43, IX 381 e altrove.
  8. L’ischia (aesculus) Georg. II 16, 291.
  9. Il noce, Georg. I 187, II 69.
  10. Il sorbo, Georg. III 380.