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modo. Il Carducci intuì, che in causa della pronunzia grammaticale, perchè i versi sonassero bene anche così, questi avevano preso uno schema quasi uniforme; quindi usò, con grande preferenza, questo schema. Con preferenza, ma non con esclusione. E di ciò ella, caro maestro, di ciò che non escludesse gli schemi più rari, ella non si contentava. Invero, ella preferisce di lui gli esametri «che corrispondono esattamente ai versi eroici latini letti secondo arsi». Ora tali parole, comparate a quelle altre dove ella mette a confronto il verso Carducciano

          miete le bionde spiche, strappa anche i grappoli verdi,

col Virgiliano

          arma virumque cano Troiae qui prbnus ab oris,

tali parole dicono che ella predilige gli esametri italiani fatti secondo quelli latini i quali nella primà sede abbiano una parola trocaica come arma, e nella seconda un amfibrachi come virumque; la coincidenza, cioè, delle due prime arsi con gli accenti grammaticali. Perchè, in verità, la terza arsi dal Carducci è spostata, e quindi quelli esametri non «corrispondono esattamente». Ma, insomma, ella mostra di preferire gli esametri che più corrispondano ai latini letti secondo l’arsi; cioè quelli che più assomiglino ai latini in cui più le arsi si fondano nell’accento. Or ella può vedere che le sue osservazioni non caddero invano, perchè alcuni cultori della poesia barbara, come il d’Annunzio, il de Bosis, l’Angeli, curano di cominciare l’esametro con l’accento, e, per dirne un’altra, di fare uniforme