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sul ritmo indefinito dei cantori di Sion. Senza troppa fatica, a questi concetti,

Cercai per lungo tempo la materia
e le norme per la storia del mio passato e per questi
canti, e le ho già trovate,
non già nelle leggende o in altre cose simili;
sibbene nel presente, in questa terra d’oggidì,
nella democrazia (scopo e fine di tutto il passato),
nella vita d’un uomo o di una donna di oggidì,
nell’uomo medio di oggidì, etc. etc. etc.1.

a questi concetti, giusti o non giusti, grandi o piccoli, alti o così così, senza troppa fatica, il Whitman provvede l’accompagnamento, niente meno, che di quelle arpe! Disprezza il ritmo, esso; ma non ne fa mica a meno: incarica gli antichi esuli di Gerusalemme di fornirlo, alla sua semipoesia dell’oggidì! Il nostro mirabile d’Annunzio ci vuol suggerire, nel tempo stesso, la poesia primitiva erompente dal cuore di Santo Francesco e la poesia artifiziosa di Stesicoro e di Pindaro. Da una parte vuole che ci apparisca il Santo ardente di amore sui sassi della Verna, circondato dal tubar delle tortore e dai voli delle rondini; dall’altra egli ci mostra il coro olimpico che si muove e si atteggia, sotto le odorose ghirlande, in cospetto d’un bianco pronao dorico, assecondando il festoso strepito de’ flauti di giuggiolo.... Insomma, l’uno e l’altro contano sul «ritmo riflesso».

E ci conta, dunque, anche il Carducci; ma in primo luogo egli non pretende troppo da noi: facile, nel caso di lui, per la nostra imaginativa è il

  1. Dal citato articolo.