Pagina:Pascoli - Antico sempre nuovo.djvu/421

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a giuseppe chiarini 407

il senso della parola. Insomma buono vuol dir più che bonissimo, parola che si sibila in retta, per complimento, per cavarcela. E mettiamo che così rispondiamo — bonissimo — a qualcuno che d’interroghi su qualcun altro. Certo l’interrogatore si rifarà da capo a chiederci un’altra volta: Come? è buono o cattivo? E noi allora rispondiamo: è proprio buono, è la bontà in persona etc. etc. Ma se vogliamo adoperare il superlativo, battiamo sulla prima sillaba perchè s’intenda che abbiamo in mente l’idea di buono, e non solo in bocca quel sibilo d’issimo, e diciamo magari, contro ogni regola: Buonissimo! Ebbene quella prima sillaba sarebbe allora pronunziata con un accento, secondario sì ma molto forte.

Ora queste sillabe che della rizotonica si conservano senza alterarsi, le quali chiamerei metatoniche, per intenderci; queste sillabe metatoniche sotto certe condizioni credo particolarmente accentate e quindi lunghe al medesimo diritto che quelle postoniche dei composti germanici. Sotto certe condizioni: che siano, per esempio, complicate, e che, anche libere o aperte, conservino contro la legge comune la vocale della rizotonica o più genericamenté della parola da cui derivano. Così per me è metatonica la prima di finire, come la prima di amare, sebbene si dica amo e non si dica fino o finio in italiano, ma finisco. È metatonica perchè, chiaramente quell’i, così combattuto in tanti dialetti (anche in toscano si dice fenire), si conserva i per l’influsso di fine. ’

Così avremmo qualche spondeo anche noi, come